''Un’altra sicurezza è possibile'': l’Arci contro le strumentalizzazioni


Pubblicato il 06.11.2007 in News Sociale

L’Arci ligure di fronte al crescente interesse dei media nazionali per l’insicurezza che parrebbe vivere Genova, convoca una conferenza stampa per dire: ‘’Ancora una volta non ci stiamo’’.


L’Arci ligure di fronte al crescente interesse dei media nazionali  per le percezioni di insicurezza che parrebbe vivere Genova – in questi giorni indicata come una delle città maggiormente colpite da microcriminalità - convoca una conferenza stampa per dire: “Ancora una volta non ci stiamo”. L’associazione non sta a quelle che definisce strumentalizzazioni politicistiche. Nei giorni scorsi erano apparse a Sampierdarena, un popoloso quartiere a ovest del centro città, le prime ronde organizzate dalla Lega Nord; negli stessi giorni veniva ripreso dai telegiornali nazionali un video originariamente apparso in rete che mostrava con parzialità il degrado di una porzione di centro storico. Le diverse situazioni di degrado vissute in quartieri della città non sono però per Arci ascrivibili solo a un problema di sicurezza ma più complessivamente a un bisogno di migliore vivibilità.

Durante le presentazione genovese alla stampa dell’appello “Un’altra sicurezza è possibile” sono intervenuti Filippo Miraglia, responsabile nazionale immigrazione dell’Arci, Walter Massa, presidente regionale Arci, e Gabriele Taddeo, responsabile cittadino dell’associazione.

Gabriele Taddeo denuncia gli aspetti di contraddittorietà che l’emergenza sicurezza ha nei territori: “Di fronte ai racconti dei media si rischiano di perdere di vista i reali problemi dei municipi e dell’insieme della città. I nostri associati – continua Taddeo – che abbiamo incontrato nei circoli in queste settimane ci dicono di problemi cogenti, circoscritti, ma non di un allarme diffuso. Anzi rispetto a una decina d’anni fa la situazione sociale, in merito alla comprensione tra persone provenienti da diverse culture, pare migliorata”. I cittadini di Sampierdarena, e di altre zone della città, che si riuniscono nei circoli Arci evidenziano piuttosto la mancanza di opportunità di socializzazione e di luoghi di ascolto della cittadinanza.

 

Da questa analisi e dagli incontri con gli abitanti dei quartieri discendono le riflessioni di Walter Massa: “Vogliamo offrire un’altra lettura possibile di queste realtà. Sui territori si registra una preoccupante percezione di abbandono da parte delle istituzioni. E i primi territori ad essere abbandonati sono le periferie, quei territori che presentano già maggiori problemi di vivibilità”.

Il presidente di Arci Liguria ricorda poi l’esperienza del Campasso, una zona di Sampierdarena spesso sotto i riflettori: “Lì gli unici presidi sono rappresentati dalle associazioni e dalle parrocchie. Arci ha quattro circoli storici in un solo chilometro quadrato, è un territorio di forte tradizione mutualistica e gli abitanti si interrogano non su paure generiche ma su problemi reali di vivibilità. Un esempio piccolo ma significativo: la presenza di un locale notturno. Non è un problema di sicurezza ma semplicemente di inquinamento acustico, di viabilità, a un tempo bisognerebbe prevedere la possibilità di luoghi di socializzazione per le diverse modalità di aggregazioni che il quartiere vive: giovani, anziani, comunità straniere”.  Massa ricorda come in quel territorio per i cittadini stranieri una delle poche realtà di ascolto e di segreteria sia offerta dalla Sportello migranti ospitato dalle società di mutuo soccorso dell’Arci. Un progetto che da sei anni procede grazie solo all’autofinanziamento derivato dal tesseramento dell’associazione.

E sul rischio di associare la questione sicurezza ai temi dell’immigrazione interviene Filippo Miraglia evidenziando come il decreto legge di questi giorni finisca con l’essere non solo inutile ma anche dannoso favorendo incomprensione e innalzando il livello di conflitto. C’è poi un altro rischio sottolineato da Miraglia: “Queste politiche sulla sicurezza, in primis quelle degli enti locali, indicano una strada che porta a definire i comportamenti socialmente non graditi nella dimensione del reato, della punibilità”. “Fino a ieri – dice ancora il responsabile nazionale immigrazione dell’Arci – il lavavetri o il questuante venivano considerati al massimo dei poveracci, oggi con alcune normative locali diventano un pericolo per la società, persone che commettono un reato. E’ preoccupante quando la povertà diventa un reato”.
 

 

Redattore Sociale


Autore: Anselmo Roveda