Relazione d'apertura della IV assemblea della Conferenza ''Un nuovo Codice penale, concepito per la riabilitazione dei detenuti''
“Il carcere è la nostra avanguardia – ha spiegato Messina - è da lì che ripartiamo spesso per un viaggio a ritroso nell’ingiustizia. L’ingiustizia che genera situazioni deviate, sofferenze, danni e lutti che nel carcere si vorrebbero riparare, con i risultati che conosciamo”. Lo ha dichiarato Claudio Messina, presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia, in apertura della IV Assemblea nazionale in corso a Roma, da oggi a sabato prossimo, presso l’Università di Roma Tre. Nella sua relazione, Messina ha tracciato un ampio quadro di tutte le contraddizioni sociali che chiedono di essere affrontate attraverso percorsi di giustizia, ha parlato di indulto, incidenti sul lavoro, tratta, disagio delle famiglie, precarietà, tossicodipendenza, facendo risaltare “la voglia di cambiare le regole del gioco, affinché tutti i soggetti possano avere identiche chances in una partita equa”. In particolare, secondo Messina, le speranze di cambiamento sono riposte nella riforma del Codice penale: “Vorremmo che fosse riscritto e concepito per la riabilitazione della persona chiamata a rispondere del peso della sua colpa. Da molto tempo si parla di riduzione del danno, di giustizia riparativa, di mediazione penale. Quanto è difficile andare in quella direzione, ma è lì che bisogna andare”.
Indulto Messina ha definito l’indulto “un atto di coraggio”, spiegando approfonditamente le motivazioni del suo giudizio. “Sono passati appena dieci mesi dal varo dell’indulto – ha detto - quel provvedimento eccezionale votato da oltre due terzi del parlamento, che subito dopo è stato però demonizzato da molti come fosse ‘la madre di tutte le disgrazie’. Tanta ipocrisia e demagogia, disastri annunciati e fatalmente smentiti dai dati sulla recidiva, calcolata al 12 per cento. Approssimativo, piuttosto, il modo con cui politica e istituzioni hanno gestito la fase di esodo in massa dalle carceri, che non ha dato a nessuno il tempo di organizzarsi e di predisporre un piano ‘salvagente’ a tutela di coloro che non sapevano come sopravvivere. Eppure il volontariato ha saputo ancora una volta fare la sua parte, ha dovuto supplire a carenze vistose del sistema. Se non altro, l’indulto è stato un coraggioso atto di giustizia, nel riconoscere i limiti del sistema carcere. Ma lo è stato anche per aver affrontato le critiche dell’opinione pubblica, montate da una campagna stampa non favorevole, tanto puntuale nell’enfatizzare reati commessi da indultati, quanto disinteressata a tutto il duro lavoro di sostegno e ai faticosi percorsi di reinserimento. Un’informazione certamente incompleta, più attenta a rincorrere diatribe politiche, che non a segnalare i veri problemi che da troppo tempo attanagliano il sistema penitenziario, come il trattamento, i percorsi formativi, il lavoro, la sanità, la tossicodipendenza, le madri con bambini in cella, gli ospedali psichiatrici giudiziari, per citare solo i grandi titoli”.
Istituzioni “Bisogna però dire che l’indulto ha smosso le acque stagnanti del carcere, sollecitando dibattiti e prese di posizione, non solo nel volontariato ma anche nelle istituzioni. Presso il ministero della Giustizia si è riattivata la Commissione nazionale consultiva per i rapporti con le regioni, gli enti locali e il volontariato, quest’ultimo da noi rappresentato con 3 membri e altri delegati in vari gruppi operativi, che stanno iniziando la loro attività in questi giorni. Il governo ha proposto di abrogare gli articoli della ex Cirielli che riguardano ingiusti inasprimenti per i recidivi. Inoltre si è riaperto il dibattito sul trasferimento delle competenze della medicina penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, e qualcosa si sta muovendo in alcune regioni. La stessa Regione Lazio ha pronta una sua importante legge in materia. Nelle carceri della Lombardia non ci sono più mamme con bambini in cella: si stanno sperimentando nuove forme di controllo in case famiglia a custodia attenuata. Pare che finalmente si voglia attuare appieno la legge Basaglia del 1978, andando verso il graduale superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari, dove attualmente sono parcheggiate, senza alcuna prospettiva di reinserimento, anche centinaia di persone ritenute non più pericolose. Niente ancora, invece, sul fronte tossicodipendenze e quindi sulla modifica della Fini-Giovanardi, altra legge esclusivamente repressiva, che non serve ad alleggerire il problema ma a riempire le carceri”.
Il Garante “Un significativo risultato si è ottenuto con l'istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute e private della libertà personale. A nostro avviso, però, la figura del garante dei detenuti, pur necessaria per l’insufficiente azione dei magistrati di sorveglianza, e affermatasi per iniziativa di molte amministrazioni regionali e locali, per i limitati poteri che le sono conferiti resta una soluzione di compromesso, di mediazione, ma non risolutiva di quanto attiene al riordino dell’intero sistema penale e penitenziario. Il Volontariato giustizia da tempo lo reclama a gran voce. Inutile rattoppare qua e là, meglio confezionare un abito nuovo con gli accorgimenti che l’esperienza suggerisce. Per questo le nostre maggiori aspettative sono riposte nella Commissione parlamentare per la riforma del Codice Penale, per la quale auspichiamo un rapido iter, scelte coraggiose, innovative, destinate a incidere positivamente sulla prevenzione e nel sistema sanzionatorio”.
Commissariati di polizia penitenziaria “Alquanto infelice invece la decisione di aprire commissariati di polizia penitenziaria, in via sperimentale, presso una serie di Uffici per l’esecuzione penale esterna. C’è il timore – o la certezza - di un giro di vite che a noi pare del tutto inopportuno, visto che le misure alternative sono una garanzia di recupero e reinserimento di gran lunga superiore al carcere. Tali misure vanno anzi incentivate, ma così si rischia di far prevalere l’aspetto sanzionatorio rispetto a quello trattamentale, in nome di un controllo che viene già ampiamente assicurato da polizia di stato e carabinieri”.
Immigrazione “Sul fronte immigrazione si stanno fortunatamente aprendo scenari legislativi migliori rispetto alla tanto criticata Bossi-Fini. Sono stati almeno previsti dei correttivi a quella legge che ha contribuito in modo assai rilevante a riempire le carceri. Eppure si registrano tanti dissensi, minacce referendarie contro le aperture legislative introdotte dai ministri Amato e Ferrero, che in verità si sono limitati a prendere atto dell’iniqua situazione esistente e a ricercare soluzioni più razionali e condivisibili. E’ chiaro che i grandi flussi migratori sono fenomeni complessi, destabilizzanti, che creano allarme sociale e anche problemi di convivenza e integrazione. Ma non è certo alzando le barricate, criminalizzando lo straniero che si realizza la giustizia. Non dobbiamo vedere tutti come potenziali nemici. Il nostro sistema produttivo si avvale del lavoro di 3 milioni di stranieri. Le badanti che si prendono cura dei nostri anziani. Se poi queste persone non possono ottenere il permesso di soggiorno va da sé che devono arrangiarsi col lavoro nero, esponendosi, proprio per questa loro debolezza, anche a vili ricatti e disumani sfruttamenti. L’integrazione è un processo lento, all’inizio crea turbolenze, ma poi le culture si mescolano necessariamente per riportare in equilibrio il livello di convivenza”.
Sicurezza sul lavoro “Si fa un gran parlare, in questo periodo - come fosse un fatto nuovo - della sicurezza sul lavoro, di fronte ai 1.200 infortuni mortali in un anno, agli innumerevoli incidenti, alle malattie professionali che si sviluppano in sordina, insomma di fronte alla insufficiente tutela dei lavoratori, anche di quelli in regola. Noi ci aspettiamo dal governo politiche di giustizia nel mondo del lavoro perché la prosperità delle aziende non si gioca sulla pelle degli uomini. Tanti giovani che usciranno da questa stessa Università si troveranno con una bella laurea da incorniciare e da dimenticare, perché dovranno piegarsi all’inganno dei contratti a progetto, accettare mansioni sottopagate, dimenticarsi la previdenza sociale. Una cosa è la flessibilità, altra cosa la precarietà. Altro che Dico e unioni di fatto! Si tratta di un falso problema su cui si specula troppo. Il nemico numero uno della famiglia in crisi è l’insicurezza, la povertà, la mancanza di serie politiche incentivanti.
Tratta La società mostra un volto sempre più arrogante, violento e soprattutto i bambini, i giovani tendono ad assorbire quel tipo di atteggiamento che li allontana dal senso di cittadinanza e di solidarietà, per relegarli in uno sterile individualismo. Ogni giorno storie di persone ridotte in schiavitù, individui anonimi, la cui disperazione commuove sempre meno. Ci può essere traffico più odioso di quello degli esseri umani? Lo scandalo della tratta, una vergogna esibita sfacciatamente e impunemente sulle nostre strade che non tocca la coscienza degli uomini indifferenti, colpevoli quanto gli sfruttatori. Leggi inadeguate, prevenzione e controlli troppo sporadici, lasciano che siano ancora una volta le nostre associazioni e i nostri volontari a farsi carico, come possono, del dramma di queste donne, spesso bambine, che non hanno fatto quella scelta di vita, come molti ipocritamente affermano.
Disagio “Nella vita cosiddetta normale, di ogni giorno, notiamo un impoverimento in ogni senso. Lo vediamo e tocchiamo con mano. Spesso, all’improvviso, va in scena il dramma. I delitti che avvengono in famiglia sono in aumento, superano addirittura quelli di mafia e criminalità organizzata (6 su 10 nel 2005), secondo il rapporto Eures 2006. Negli ultimi cinque anni ben 1.200 morti tra le mura domestiche. Ciò dimostra che il disagio psicologico si sviluppa entro scenari di apparente normalità, ma resta un fatto privato. C’è un preoccupante abbassamento della soglia di sopportazione e di autocontrollo. E poi uno stato sociale che si volatilizza, politiche per la famiglia assai leggere”.
Volontariato “Il volontariato giustizia va ad occuparsi delle situazioni più pesanti, guarda in faccia Caino ma non dimentica Abele. I nove organismi nazionali riuniti aderenti alla nostra sigla sono realtà importanti che si distinguono per le modalità e i campi dove prevalentemente esercitano la loro azione. Così come le nostre 18 Conferenze Regionali, che riuniscono tante altre associazioni e gruppi, minori solo per diffusione territoriale, ma altrettanto attive, capillarmente impegnate negli stessi settori”.
Redattore Sociale