Un giornale fa da casa ai clochard


Pubblicato il 11.01.2013 in Rete Onds


Una rivista, cartacea e on line, e una web tv per dare un’altra possibilità a chi ha perso tutto e vive per strada.

 

 

“È qualcosa di più di un giornale, è la nostra vita, la nostra casa”. Se i pensieri e le idee, per definizione, non hanno dimora, quelli di Daniele, che una dimora fissa non ce l’ha, hanno trovato accoglienza tra le pagine colorate di una rivista speciale, confezionata nel cuore della stazione Termini, il Grand Hotel dei disperati della capitale. Benvenuti a Shaker, giornale pensato e realizzato dai senza tetto, ma rivolto a tutti, “soprattutto a chi un tetto non ce l’ha e vuole conoscere una realtà così difficile”, spiega il direttore, Alessandro Radicchi. Una redazione in tre stanze, incubatore di idee e notizie provenienti dalla strada, da chi ce l’ha come casa e la vive tutti i giorni” Sono proprio i redattori a volerla chiamare così, un miscelatore di voci diverse, accomunate da un progetto comune”, spiega Valentina Difato, che si occupa di coordinare la redazione. Persone classificate come” senza fissa dimora” ma che alla stazione centrale di Roma – lato via Marsala- diventano “ospiti “, accolti dal centro Binario 95, che dal 2002 si occupa di dare aiuto agli oltre sette mila(20 mila secondo la Comunità di Sant’Egidio) homeless della città. Un piccolo paese che ogni giorno si muove in cerca di un riparo, campando alla giornata e che spesso capita nel centro.

Numeri che nascondono storie invisibili di emarginazione e disagio, che affiorano dalle pagine della rivista. Come quella di Viola, nata come Pablo a Bogotà, in Colombia e arrivata qualche anno fa a Roma, dove ha fatto la prostituta sul lungotevere. La sua storia è diventata la copertina dell’ultimo numero del giornale (arrivato a quota 19), dove ha raccontato le sue vicissitudini di transessuale, passato da una vita agiata alla strada, con problemi di salute dovuti a operazioni chirurgiche fatte in casa. “ Uno spunto per parlare delle difficoltà dei senza tetto ad accedere alle cure sanitarie, anche psicologiche – spiega Radicchi -. Oltre il 40% di chi arriva qui è stato rovinato dal gioco d’azzardo. Gente che ha perso tutto e ha lasciato la famiglia, molti di più di quelli che hanno avuto problemi con la droga”. Da quando è nata, nel 2006, Shaker è diventata anche questo: uno strumento di cura e reinserimento sociale, passando da rivista saltuaria, che “esce come quando può”, a periodico di informazione e inchieste che nel tempo si è arricchito della versione online e della web tv, dove ogni venerdì va in onda in diretta la rassegna stampa dei redattori “L’anno scorso abbiamo ricevuto una menzione speciale ai Teletopi 2011, gli oscar delle web tv", racconta Renato, uno dei redattori fissi che ha trovato nel giornale una seconda opportunità per rinascere:” Prima di arrivare a Shaker ne ho passate tante. Sono un artigiano, incidevo con smalti a fuoco, poi per varie vicissitudini e problemi gravi di salute, ho girato per i conventi di Roma, facendo di tutto, anche togliere gli occhi di pernice (una malattia delle unghie, ndr) dai piedi dei monaci". Per lui, come per Daniele, Massimo e Federica il giornale è diventato un lavoro a tempo pieno. “I redattori fissi sono pagati regolarmente – sottolinea Radicchi-, ma oltre l’aspetto lavorativo c’è anche quello psicologico. Shaker non è l’unico giornale di strada, in Italia se ne contano almeno sette (sono oltre 122 nel mondo), ma sono realtà a scopo di lucro dove i clochard vendono solo le copie per strada. Per noi il lavoro sociale è soprattutto la scrittura, Shaker è gratis, lo pagano solo gli abbonati”. Un compito non facile: “La dimensione della scrittura è difficile per i senza tetto, perché ha a che fare con la sfera persona, che nel loro caso è travagliata”, spiega Difato. Ma a preoccupare è soprattutto l’aspetto economico, quest’anno la Fondazione Roma ha stanziato 30 mila euro, sufficienti a coprire appena la metà del budget necessario.

“Viviamo alla giornata, non sappiamo se e quando troveremo i fondi. Le elezioni poi ci massacrano, tutti ci chiamano ma il vuoto istituzionale fa slittare i finanziamenti, e bisognerà attendere settembre”. E il 2013 sarà l’anno più difficile di tutti, visti i tagli. “ Ma questo è un pezzo di cultura di strada di Roma, un sogno che deve sopravvivere”.


Fonte: Il Fatto quotidiano

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