Ue, esclusione sociale per oltre 115 milioni di persone


Pubblicato il 12.09.2012 in News Sociale

È il 23% della popolazione comunitaria. Valori minimi nella Repubblica Ceca e nei paesi del Nord Europa e valori massimi in Bulgaria, Romania e nelle Repubbliche Baltiche. L’Italia è appena sopra la media: 24,5%


Nel 2010 il 23% della popolazione comunitaria risulta socialmente escluso, con valori minimi nella Repubblica Ceca e nei paesi del Nord Europa e valori massimi in Bulgaria, Romania e nelle Repubbliche Baltiche (Lituania e Lettonia). In totale le persone che si trovano in questa condizione sono 115.718 milioni. Lo dice il Quaderno della Ricerca Sociale n. 17 “Povertà ed esclusione sociale: l’Italia nel contesto comunitario. Anno 2012”, che rileva la situazione della povertà negli Stati membri attraverso il nuovo indicatore comunitario. Per la maggioranza dei paesi la componente principale dell’indicatore è il rischio di povertà, cui si aggiungono, più o meno sovrapponendosi, le altre due componenti: deprivazione materiale ed esclusione dal mercato del lavoro. A livello europeo, infatti, il rischio di povertà da solo individua circa il 70% del complesso delle persone coinvolte da una delle tre dimensioni di esclusione considerate. Anche la grave deprivazione materiale gioca un ruolo fondamentale nel definire la popolazione socialmente esclusa soprattutto in paesi come Bulgaria, Romania, Lettonia e Ungheria, dove costituisce il primo motivo di esclusione. 
Nei paesi a bassa esclusione sociale il peso della componente legata alla deprivazione materiale è invece, tranne il caso della Repubblica Ceca, molto limitato; qui è la terza componente, ossia la bassa intensità di lavoro nella famiglia, ad avere un impatto maggiore; e costituisce comunque il primo motivo di esclusione solo in Irlanda (22,9%). Ma presenta valori alti anche nel Regno Unito (13,3%); Belgio (12,6%) e Germani (11,1%). L’Italia è appena sopra la media comunitaria (un punto in più), per il rischio povertà ed esclusione (24,5%); mentre le famiglie a bassa intensità di lavoro sono il 10,2% e la deprivazione materiale è al 6,9%. 
Un altro fattore di grande rilevanza nella determinazione del rischio di povertà è la tipologia familiare. Nella larga maggioranza dei paesi (19 su 27) la presenza di figli dipendenti innalza il rischio di povertà; tra i paesi in cui più elevato risulta lo scarto rispetto alle famiglie senza figli troviamo, dopo Romania e Lussemburgo, l’Italia. Il nostro Paese si colloca, infatti, tra i paesi a più alta incidenza di povertà tra le famiglie con figli dipendenti (22,6%, al 5° posto dopo Romania, Spagna, Grecia e Lettonia), nel caso di assenza di figli l’incidenza della povertà è invece ampiamente al di sotto dell media comunitaria (13,9% contro la media UE27 del 14,5%). 
Il rapporto mette in evidenza anche un aspetto particolarmente rilevante della deprivazione materiale, quello che attiene alla condizione abitativa, che considera da un lato le condizioni materiali dell’abitazione, dall’altra l’adeguatezza della stessa al nucleo familiare (due concetti misurati rispettivamente dagli indicatori di “deprivazione abitativa” e di “sovraffollamento”). Il primo indicatore si muove da valori al di sotto del 5% (Paesi Bassi, Cipro, Irlanda, Spagna e Belgio) a valori superiori al 40%, in particolare tra i nuovi stati membri; gli individui che vivono in case con almeno un sintomo di deprivazione abitativa si muovono invece dal 10% di Slovacchia, Finlandia e Danimarca, al 50% della Romania. In Italia i due tassi si posizionano rispettivamente al 23,9% ed al 22,6%, contro medie UE27 del 17,6% e del 22,1%. 


Fonte: Redattore Sociale