Torna il popolo dei senza tetto. A Roma raffica di occupazioni


Pubblicato il 12.05.2013 in News Sociale

 

Con oltre 50 mila sfratti esecutivi la situazione abitativa sta precipitando. In quattro mesi scattano 22 incursioni che voinvolgono 3 mila famiglie. Da via del Caravaggio a San Basilio. Tagliati i finanziamenti destinati ai buoni casa. In 2.600 accettano di acquistare gli appartamenti in affitto. Ma la proposta di Veltroni, cambiata da Alemanno, è stata definitivamente bloccata dalla giunta Polverini



Case senza persone. Persone senza casa. Un paradosso tutto italiano. A Roma, con più di 50mila sfratti esecutivi, la situazione sta precipitando. Nessun piano per la costruzione di case popolari da parte del Comune. L'urbanistica in mano agli imprenditori del mattone. Così, in due round, il 6 dicembre del 2012 e il 6 aprile di quest'anno sono scattate 22 occupazioni. Quasi tremila famiglie: giovani coppie sfrattate, anziani con una pensione da fame, ma anche persone che non sono più riuscite a pagare il mutuo.

L'hanno chiamato Tsunami tour - nulla a che fare con quello di Grillo - ed è nato all'insegna della parola d'ordine "la sveglia è di nuovo suonata". L'hanno preparato il Coordinamento cittadino di lotta per la casa, i Blocchi precari metropolitani, Action e i Movimenti per  il diritto all'abitare. Non è stata un'impresa facile. Primo obiettivo, individuare gli edifici vuoti. Secondo, organizzare le famiglie in base alle reali esigenze, quindi uno scrupoloso screening, evitando d'imbarcare anche gente non proprio al collasso. Terzo, ma non ultimo, organizzare le occupazioni. Il che vuol dire un rigoroso controllo interno, i picchetti ai cancelli giorno e notte, la pulizia dei locali.

Cosa succede nelle case occupate? Via del Caravaggio. A mezza strada tra il quartiere di Tor Marancia e la via Cristoforo Colombo. Due palazzi di cinque piani, strutture di alluminio anodizzato, ampie vetrate, 20mila metri quadri. Proprietà della famiglia Armellini, ora gestita da una finanziaria con sede in Lussemburgo. Gli edifici sono chiusi da anni. Nel passato erano occupati dagli uffici dell'assessorato alla Casa della Regione Lazio. Ai cancelli un gruppo di immigrati ecuadoregni. Sono loro che fanno il turno di controllo all'ingresso. Sono passate da poco le due di pomeriggio. Le mamme tornano a casa da scuola con i bambini, vocianti e zaino in spalla. Sono ragazzini romani e sudamericani ma per loro le differenze non esistono. Giocano e si rincorrono nel piccolo cortile dietro a un pallone. Un gruppo di ragazzine è alle prese con le bambole. Le mamme sono ai fornelli. Ogni piano ha una cucina comune. Nei corridoi prevalgono gli odori forti della cucina ecuadoregna. In una delle stanze una mamma allatta una bimba di pochi mesi. Si avvicina un giovane romano: "Mi sono laureato sto cercando lavoro, qualcosa ho trovato ma sempre per uno o due mesi, poi arrivederci e manco grazie. Un posto letto costa 400 euro ed io, come altri, alla fine abbiamo deciso di partecipare all'occupazione. Poi si vedrà".

Torniamo all'ingresso. Sul marciapiede un anziano attende qualcuno. Poi prende coraggio e parla: "Ho lo sfratto esecutivo, sono rimasto solo, con la mia pensione non ce la faccio. Ho saputo da mia cognata che state occupando. Cosa posso fare?" Gianni, del Coordinamento cittadino di lotta per la casa, lo prende sottobraccio: "Vieni alla sede di Tor Sapienza e vediamo...". L'anziano saluta e s'allontana. "Le persone che stanno in queste condizioni stanno aumentando  -  commenta Gianni  -  ma dire sì a scatola chiusa non è semplice. Le occupazioni non sono una passeggiata e l'assistenza ad un anziano solo è complessa".

Seconda tappa San Basilio. Via Tiburtina 1070. Il residence si erge su una collinetta accanto all'ex fabbrica di farmaci abbandonata da un ventennio. Gli abitanti la chiamano "Pennicillina". Ora, a posto del grande esempio di archeologia industriale, dovrebbero sorgere tre alberghi. Il cancello si apre. Nel grande cortile è in pieno svolgimento una partitella a pallone tra un gruppo di adolescenti. Più in là, alcune mamme vanno in giro con i passeggini. Sul terrazzo più alto dell'edificio campeggia uno striscione: "San Basilio 1974, 1988, 2013 la lotta per la casa non si ferma". Una scritta che ricorda la sequenza delle occupazioni negli anni. Per chi è giovane e non conosce la storia passata, nel '74, durante quattro giorni di scontri con la Polizia, gli agenti uccisero il giovane Fabrizio Ceruso. "È un episodio che non si può scordare  -  afferma Cinzia, del Coordinamento  -  ma ora dobbiamo andare avanti. Non mollare. Tra i giovani occupanti anche i figli di quelli che occuparono le case nel 1988. Si avvicina una signora: "A Cì mia cognata mi ha detto che la figlia è stata buttata fuori di casa, ha due bambini, adesso sta dai genitori ma non può andà avanti a lungo". La risposta: "mandala al coordinamento, dobbiamo prima parlare con lei".

Ma non è l'unica storia di questa tragedia. Qualche settimana fa all'occupazione di San Basilio entra una signora anziana. In lacrime. "Mia figlia e il marito hanno perso il lavoro, hanno un bambino di sei mesi. Si vergognano della loro situazione. Sono andati a dormire sotto un ponte. Datemi una mano". Il Coordinamento studia il caso, poi mandano due persone a parlare con la coppia. "Non è stato facile  -  prosegue Cinzia - ma alla fine li abbiamo convinti a venire qui. Adesso hanno una stanza al terzo piano, ma per favore lasciateli in pace". Nel cortile, sotto la tenda, si fa il calendario dei picchetti. A fare da segretaria una giovane. La signora lavorava in una profumeria, il marito in un'azienda metalmeccanica. Poi, nel giro di poche settimane, tutti e due perdono il lavoro. Ma non è il solo problema. I due avevano contratto un mutuo con Unicredit. Senza reddito, smettono di pagare le rate. La banca chiede ed ottiene il pignoramento della casa. La frittata è fatta e oltrettutto, dice la giovane, la banca vuole ancora 30 mila euro perché la vendita all'asta non è stata sufficiente. Abbiamo chiesto chiarimenti a Unicredit e qui potete leggere cosa ci hanno scritto.

La politica e la casa. Per capire bene i meccanismi della politica urbanistica del Comune di Roma alcuni particolari aiutano. Nel 1998 il governo, D'Alema presidente, stanzia i fondi per i buoni casa. Dovranno servire ad aiutare le famiglie in affitto ad integrare la spesa con i fondi destinati alla capitale. Parte il bando di concorso pubblico: contratto d'affitto registrato, le ricevute dei pagamenti mensili, il Cud familiare. Al Comune di Roma vengono destinati tra i 40 e i 50 milioni l'anno. Dodicimila le famiglie che entrano in graduatoria. Il contributo è inversamente proporzionale al reddito. Da 5mila a mille e cinquecento euro l'anno. La media è di 3mila e 500. Il sistema va a regime due anni dopo. Poi arrivano i tagli lineari agli enti locali di Tremonti. La seconda giunta Veltroni cerca di correre ai ripari. Decide la vendita agli affittuari di 4mila appartamenti di proprietà del Comune. Con quei soldi si poteva finanziare il buono casa. Niente da fare. È troppo tardi. Arriva il sindaco Alemanno. Siamo al 2008. Il nuovo sindaco ha un'idea brillante. Ai tremila inquilini che hanno detto sì all'acquisto, nel novembre del 2009, spedisce una lettera. "Tirate fuori 2mila euro ed entro sei mesi firmerete il contratto d'acquisto". All'amo abboccano in 2mila e settecento. Siamo al 2013: nessuna casa è stata venduta, le procedure di vendita perfezionate sono poco più di 600. Ma tutto è stato bloccato dalla giunta Polverini. Questa è Roma. Questa è l'Italia.

 


Autore: Mario Reggio