Per il rapporto Svimez 2011, al Sud il 22,7 per cento delle famiglie è in difficoltà. Tempi.it racconta la storia di Marta, che va avanti con marito e due figli con 1.200 euro al mese: «Ci educhiamo a mangiare quello che c'è e ci scambiamo i vestiti in buono stato, ma che non usiamo più, con gli amici. Per fortuna non siamo soli»
Il rapporto Svimez 2011 fotografa in modo netto gli effetti della crisi sul Mezzogiorno. A Sud dello Stivale, le famiglie oggi in difficoltà sono il 22,7 per cento dei residenti (e in Sicilia addirittura il 27 per cento: più di una famiglia su quattro) contro le fasce di povertà relativa al Nord (4,9 per cento) e al Centro Italia (5,9 per cento). Le conseguenze di questa situazione vengono tracciate invece da un secondo studio, il rapporto Eurispes 2011, secondo cui l'usura è un rischio cresciuto visibilmente nel Meridione, in particolare in Calabria e Campania (con un indice di rischio usura misurato rispettivamente all' 89,5 e 81,3 per cento).
Per intervenire in questa situazione oggi, in Sicilia, verrà varato il programma di microcredito alle famiglie (con assegni di importo non superiore a 6 mila euro, per 12 milioni di euro complessivamente stanziati). La Regione siciliana sosterrà quei nuclei in particolari condizioni di difficoltà e impossibilitati a ottenere crediti regolari dalle banche, ma che stanno cercando con tutte le forze di divincolarsi: le famiglie possono ottenere i piccoli finanziamenti per esigenze abitative, ragioni di salute, percorsi educativi, e tutti quei progetti che possano tendere ad un miglioramento delle condizioni dei nuclei. Ma intanto la lotta prosegue quotidianamente, spesso senza clamori, ma con risvolti poco noti. Tra i volti, infatti, si legge molta voglia di reagire, quasi inedita al Sud, e una tendenza rinnovata a offrire aiuto, a dare solidarietà. Per fotografare quello che sta accadendo, e con quale forza si cerca di reagire alla crisi nel Meridione, Tempi.it inizia un viaggio proprio dalla Sicilia, da Misilmeri, piccolo centro in provincia di Palermo, dove vivono Marta e suo marito.
Quarantenni, insegnante di ruolo lei, agronomo libero professionista senza lavoro lui. Due figli, di dieci e dodici anni. In quattro vivono con lo stipendio di lei, 1.200 euro netti al mese, più qualche retribuzione occasionale del marito. Una situazione molto simile a quella di tanti altri concittadini e amici. Racconta Marta: «Io faccio la pendolare e una delle spese che incide di più sul budget è il carburante. Duecentoquaranta euro che volano ogni mese». Per quanto riguarda il resto, invece: «Noi non abbiamo una casa nostra, ma per fortuna viviamo da proprietari in una casa dei miei suoceri. Non avere un affitto o un mutuo ci è molto di aiuto. Ci sono però le spese per l'istruzione dei bambini: quest'anno è venuto meno il buono libri, di circa 200 euro, e ne abbiamo risentito. Poi ci sono tutte le tasse. Il nostro Comune, malgrado una raccolta rifiuti di scarsa efficienza, ha aumentato la Tarsu del 115 per cento negli ultimi due anni, altra spesa che ha molto inciso. Per luce, acqua e gas, l'ultima bolletta bimestrale invece era di 90 euro. Ma abbiamo una grande cura nell'uso degli elettrodomestici e abbiamo abbattuto questi costi. Lo scaldabagno lo accendiamo dopo le sette di sera, la lavatrice la usiamo non tutti i giorni. Per la spesa alimentare abbiamo puntato sull'intelligenza. Ci inventiamo ricette con gli avanzi, e usiamo prodotti non di marca. Ci educhiamo a mangiare quello che c'è».
Quest'ultimo, spiega Marta, è un argomento di discussione continua con i figli, così come tutto il capitolo delle spese “extra”, a cominciare dai divertimenti. Racconta l'insegnante: «La circostanza che viviamo ci costringe a giudicare cosa preferiamo e cosa no. Mio figlio frequenta un gruppo di amici, sul modello scout, "I cavalieri", che spesso organizzano delle gite. Ma questo ha un costo. Così una volta si è lamentato con mio marito: “Ma come a Natale non ci fate il regalo?”. Mio marito gli ha spiegato che, visto che a lui piaceva andare alle gite con gli amici, sarebbe stato questo il nostro regalo, perché non era una spesa ovvia per noi. Vede, io penso che per tutti noi ciò che stiamo vivendo ci educa a due cose. La prima è costringerci ad accorgerci di quello che c'è prima ancora di quello che manca. La seconda è spingerci ad una scelta. Quindi se si preferisce andare con gli amici, bisogna anche fare la scelta di fare altri piccoli sacrifici».
Un discorso che vale anche per gli adulti: «Non andiamo più al cinema, o in pizzeria, da circa un anno e mezzo. Prima una volta ogni tanto, per stare soli, ce lo concedevamo io e mio marito, ma ora non più. Su trucchi e creme da donna, io risparmio, andando al supermercato. Così come oggi non compriamo più vestiti. Abbiamo abbattuto completamente quella spesa». Il trucco che si è inventata, Marta lo confessa ridendo, con tono determinato: «Abbiamo istituito il cosiddetto “sacchettino”. Noi abbiamo degli amici con cui abbiamo deciso di scambiarci i vestiti e le scarpe che non usiamo più ma in buone condizioni. E assolutamente la vedo come una cosa dignitosa, perché io non mi sento sola nel mio problema, ma anzi vedo che i miei amici ci stanno accanto. Sono liberissima di accettare i vestiti che mi offrono, e anche io cedo i miei. D'altra parte i bambini crescono in fretta, il ricambio spesso è necessario anche se gli abiti sono quasi nuovi».
Prosegue Marta: «In qualche modo questa di risparmiare anche sui vestiti è un'abitudine che abbiamo da circa 3 anni. Ma la cosa che ci sostiene a non disperare è avere degli amici che non ci commiserano, ma ci guardano come persone che hanno intelligenza e libertà davanti alle cose che succedono. Per cui se ci capita un lavoro, anche se non è quello delle nostre aspettative, o è temporaneo, noi lo abbiamo accettato. Anche perché qui il principale datore di lavoro resta il settore pubblico, ma i concorsi come si sa sono bloccati. Non è facile essere liberi professionisti, né esiste un'imprenditoria vivace. Perciò per il lavoro sia io che mio marito siamo sempre all'erta, come sentinelle, su quello che ci accade intorno. E nessuno pensa che, siccome siamo in questa condizione, siamo dei poveretti. Questo ci aiuta».