Scuola e dipendenze, binomio all'attenzione di esperti ed educatori. A Milano un convegno promosso dall'associazione ''Contrasti''. Rudelli: ''Il rapporto dell'adolescente con le sostanze non va criminalizzato''.
"Droghe e scuola" è il convegno organizzato dall'associazione Contrasti a cui hanno partecipato numerosi esperti ed educatori. "Il rapporto dell'adolescente con le sostanze non va criminalizzato - ha detto Alessandro Rudelli, formatore e ricercatore sociale nell'area della criminalità minorile e delle dipendenze, coautore di un libro sul tema edito da FrancoAngeli-. Bisogna occuparsi di esperienze stupefacenti e non di sostanze stupefacenti, per non correre il rischio di parlare dell'oggetto-sostanza con un portato di discipline che hanno a che fare con la tossicologia. La sostanza stupefacente, infatti, diventa interessante quando propone un'esperienza soggettiva ed è con quest'ultima che dobbiamo entrare in relazione".
Secondo Rudelli, "per i ragazzi soltanto in alcuni casi l'esperienza stupefacente è vissuta come l'utilizzo di sostanze: è piuttosto la sperimentazione di modalità relazionali che non necessitano di sostanze, ma che comprendono gli stupefacenti come possibili intercettori che non implicano il disagio. Per esempio, lo spinello in compagnia è una manifestazione di esperienza che il ragazzo sta vivendo e non può essere catalogato dallo spinello, ma dalla complessità della relazione che il giovane sta stabilendo e dalla scoperta che sta facendo, a partire dal riconoscimento del fatto che nell'adolescenza c'è un elemento sperimentale che non ha bisogno di sanitarizzazione o criminalizzazione. Questo -precisa il ricercatore- non vuol dire sottovalutare i rischi nelle esperienze stupefacenti che hanno a che fare con le sostenze, ma bisogna saper cogliere la segnaletica lanciata dall'adolescente e collocarla nella giusta dimensione. Quando si fa riferimento all'età evolutiva le sostanze stupefacenti non dovrebbero essere trattate dai tossicologi, se non in ultima istanza".
In questo senso, la scuola è uno dei luoghi più adatti per raccogliere questi messaggi, certo non l'unico. "La scuola ha una forte responsabilità educativa ma è solo una parte del sistema degli strumenti che una comunità sociale ha a disposizione per provvedere al processo di formazione dei giovani -afferma Marisa Valagussa, dirigente presso l'ufficio scolastico regionale della Lombardia-. Ci sono fini specifici che la scuola può realizzare in funzione della prevenzione di comportamenti a rischio, tenendo conto che l'età dei giovani di cui la scuola si occupa è anche un'età in cui i giovani incontrano la trasgressione e cercano il rischio estremizzato dei pensieri e dei comportamenti. L'impegno è quello di accoglierli senza pregiudizi, mettendo in gioco l'esperienza degli adulti e la loro capacità di ascoltare e di liberarsi da elementi pregiudiziali".
Un compito non facile, complicato dai messaggi mediatici che riempiono la vita dei teen-ager, e che giocano la loro parte nell'invito allo sballo: "Alcune pubblicità riprendono certi temi e certe immagini del mondo delle droghe, veicolando certi prodotti che si ritiene siano in grado di offrire trasformazioni percettive -dice Federico Montanari, docente di semiotica allo Iulm di Milano e all'università di Bologna-. Tuttavia non credo che si possa parlare di un rischio-abuso direttamente connesso alla visione di queste pubblicità".