Roma: diritto d’asilo ma senza dimora


Pubblicato il 18.05.2012 in News Sociale


Il dossier “Rifugiati invisibili” di IntegrA/Azione ha censito oltre 1.700 richiedenti asilo e beneficiari di protezione nelle grandi e precarie “occupazioni abitative” presenti nel territorio della capitale. «L’accrescere i posti letto porta a spostare il problema nel tempo, ma non a risolverlo». Mentre si moltiplicano i “casi Dublino”

 

Li chiamano rifugi informali: abitazioni precarie, occupazioni, baraccopoli, in qualche modo sostenute da una comunità. Ma ci sono anche fogli di cartone, pavimenti e portici di stazioni «quando le uniche cose ad accomunare i loro “residenti” sono la solitudine, l’impossibilità di comunicare e accedere ai servizi del territorio, la fuga, il disorientamento e l’indigenza».

È la Roma con diritto d’asilo e senza dimora, fotografata in questi giorni dalla fondazione IntegrA/Azione nel dossier I rifugiati invisibili. L’accoglienza informale nella capitale.

«La Capitale – denuncia il dossier – è da sempre snodo centrale dei flussi dei rifugiati, richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale (Rar), nonostante si sia avviata negli ultimi anni una strategia di diffusione sul territorio dell’accompagnamento all’integrazione. A partire dall’istituzione delle Commissioni territoriali che valutano le domande d’asilo in diverse città italiane e che sono andate a sostituire l’unica Commissione centrale di Roma. Decentramento che si somma al sistema diffuso d’accoglienza previsto dallo Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) dell’Anci e del ministero dell’Interno. Ma nonostante ciò non si è riusciti ad “alleggerire” la pressione di richieste d’asilo e di accoglienza nel territorio del comune di Roma».

Soltanto nelle grandi occupazioni abitative di Rar nel territorio della capitale vivono oltre 1.700 persone (v. tabella). Ma secondo stime del Cir (Consiglio italiano rifugiati) sono almeno 2.000 i richiedenti asilo che vivono a Roma in condizione alloggiative e sanitarie drammatiche (mentre l’ufficio italiano dell’Unhcr calcola in 8.000 persone i richiedenti asilo, rifugiati e beneficiari di protezione internazionale che residenti nella Capitale).

Una folla di “invisibili” che conduce «una dura vita di strada, quindi, ma anche la presenza nel territorio cittadino di grandi occupazioni dove informalmente vivono grandi gruppi di rifugiati, come quella di Romanina, di Collatina e di Ponte Mammolo. Criticità che sono acuite in presenza di migranti appartenenti a categorie più vulnerabili: vittime di tortura, violenze o abusi, nuclei familiari, singoli adulti con minori, portatori di handicap fisici e persone con disagio mentale. Inoltre la presenza nelle occupazioni anche di rifugiati che, in buona parte, provengono dai circuiti dell’accoglienza istituzionale evidenzia inoltre come l’accrescere i posti letto porta a spostare il problema nel tempo, ma non a risolverlo».

Buona parte delle persone Rar nelle occupazioni e nelle baraccopoli sono “casi Dublino”, cioè soggetti al regolamento Ue “Dublino II”. A Roma «i casi Dublino nel 2011 sono praticamente raddoppiati. All’ufficio dell’Unità Dublino presso l’aeroporto Fiumicino arrivano circa 20 casi al giorno, contro i 10 degli scorsi anni. Per quantificare il flusso di richiedenti “di ritorno” cui l’Italia è sottoposta, ci si può riferire a titolo esemplificativo a due Paesi: nel 2011 sono rientrati in Italia dalla Svizzera 1.654 richiedenti asilo “dublinanti” e 457 dalla Norvegia».

In tema di proposte, il dossier I rifugiati invisibili chiarisce che «la soluzione di un problema tanto vasto e delicato non può e non deve essere improntata soltanto all’ordine pubblico». Piuttosto, occorre consolidare il sistema di servizi per l’autonomia,  cercando di potenziare le risorse individuali.

Ma prima, gli invisibili è necessario raggiungerli, portando assistenza sanitaria, psicologica, legale, servizi sociali, insegnamento della lingua italiana, orientamento ai servizi cui possono accedere. Uno degli strumenti più efficaci per almeno parte di questi interventi è rappresentato dalle “unità di strada”.

Foto: IntegrA/Azione.


Fonte: Vie di fuga