Lo dimostra l'esperienza di 79 persone rom che ora hanno casa, istruzione e lavoro grazie ad un progetto della Casa della Carità a Milano
Rom verso l’integrazione sociale. Non un auspicio ma una realtà, come dimostra l’esperienza promossa dalla Casa della carità, che ha permesso a 79 rom di “emanciparsi” dalla condizione di esuli metropolitani. E’ passato un anno dallo sgombero del campo nomadi di via Capo Rizzuto di Milano e da allora una parte degli gli ex sfollati è stata inserita in progetti di integrazione avviati da operatori e volontari della Casa della carità. La maggior parte dei 22 uomini che formano il gruppo rom lavora regolarmente: alcuni hanno continuato le attività che svolgevano all’epoca dello sgombero regolarizzando la propria posizione, altri hanno trovato una nuova occupazione. Alcune delle 20 donne rom, invece, si occupano esclusivamente della casa, mentre altre hanno ottenuto una borsa lavoro che le vede impegnate nella cucina dei pasti per tutta la comunità negli spazi del Ceas (Centro ambrosiano di solidarietà). Altre ancora hanno seguito, grazie alla cooperativa Lavoriamo e in collaborazione con il Piccolo Teatro, un corso di sartoria per la riparazione di costumi di scena.
I 30 bambini e adolescenti rom hanno frequentato le scuole grazie al progetto “Ospitare l’infanzia”, promosso dalla Casa della Carità: sei sono andati alla materna, dieci alle elementari, nove alle medie e sei hanno preso parte a un corso di 150 ore per conseguire la licenza media.
Le singole famiglie abitano in case dignitose e pulite: alcune all’interno della struttura del Ceas che si trova nel Parco Lambro, altre negli appartamenti di un palazzo in via Varanini, messo a disposizione della Provincia nell’agosto 2005.
“È stato un anno di grande impegno – ha detto don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità –durante il quale abbiamo ottenuto obiettivi importanti. Siamo riusciti a stare insieme alle famiglie concentrandoci soprattutto sull’inserimento scolastico dei figli e promuovendo sempre una cultura di legalità. Tutto ciò dimostra che è possibile affermare la legalità all’interno della solidarietà facendo contemporaneamente anche cultura. Un lavoro concreto, fatti e non parole, possibile grazie ad una quotidianità operosa di persone che tutti i giorni si mettono insieme e stanno in mezzo ai problemi”. Il percorso di integrazione ha portato anche alla fondazione della Banda del villaggio, un gruppo di musicisti rom che si sta facendo conoscere sul territorio e che è diventato anche un’occasione di lavoro per otto persone, che dagli improvvisati concerti nelle metropolitane sono passate a suonare con Moni Ovadia e ad esibirsi in diverse città.