Resta alto il rischio povertà


Pubblicato il 30.12.2011 in News Sociale

MILANO - Il rischio povertà in Italia è rimasto stabile tra il 2009 e il 2010. Ma rimane comunque a livelli preoccupanti: la ricerca dell'Istat sul reddito e le condizioni di vita relative al 2010, dice che il 18,2% (oltre 11 milioni) delle persone residenti in Italia è esposto al rischio di povertà, il 6,9% (circa 4 milioni) è in condizioni di grave deprivazione materiale e il 10,2% (6,2 milioni) di chi vive in famiglie caratterizzate da una bassa intensità di lavoro. L'indice sintetico, che considera chi rientra almeno in una delle tre categorie, risulta del 24,5% (14,8 milioni di persone). La fascia d'età maggiormente esposta è quella dei giovani tra i 18 e i 24 anni. Una criticità che ci accomuna alla Francia, ma il Paese transalpino, così come la Germania, mostra valori inferiori sia del rischio di povertà, sia dell'indicatore di grave deprivazione materiale. 

Come detto, lo scorso anno la condizione di difficoltà è rimasta stabile (l'indagine ha coinvolto circa 19.000 famiglie, 47.500 individui: calo quasi impercettibile per il rischio di povertà (dal 18,4 al 18,2 %) e per quello di grave deprivazione materiale (dal 7% al 6,9 %); è invece cresciuta la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro, dove cioè le persone di 18-59 anni di età lavorano meno di un quinto del tempo: dall'8,8% al 10,2 per cento. Per la Caritas, questa stabilità si spiega con il fatto «che le famiglie italiane hanno largamente attinto ai risparmi accumulati in tempi migliori. Tale risorsa, in probabile esaurimento, suscita preoccupazioni per il futuro». 

Questo scenario comporta inevitabilmente degli effetti pratici: nel 2010 il 16% delle famiglie ha dichiarato di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese. L'8,9% si è trovato in arretrato con il pagamento delle bollette; l'11,2 con l'affitto o il mutuo; l'11,5 non ha potuto riscaldare adeguatamente l'abitazione. Altri effetti collaterali: secondo l'indagine Coldiretti-Swg, il 25% degli italiani ha aumentato nel 2011 la propria frequenza nei discount alimentari. Del resto i dati sui redditi sono illuminanti: la metà delle famiglie ha percepito nel 2009 un reddito netto non superiore a 24.544 euro l'anno (circa 2.050 al mese). Nel Sud e nelle Isole, metà delle famiglie ha guadagnato meno di 20.600 euro (circa 1.700 euro mensili). Ancora una volta, quindi, emerge dalle statistiche la profonda spaccatura tra nord e sud, a svantaggio del meridione. La quota di famiglie gravemente deprivate raggiunge nel Mezzogiorno il 12,9% del totale, contro il 5,6% del Centro Italia e il 3,7% appena del Nord. 

Le famiglie più esposte sono quelle monoreddito, come gli anziani soli e i monogenitori, e con tre o più figli minori. Una conferma arriva anche dall'Atlante dell'infanzia realizzato dall'Ong Save the children: «Nel 2010 i minori risultavano 10,2 milioni e quasi 1 individuo in povertà relativa su 4 aveva meno di 18 anni. Più della metà di minori in questa situazione viveva al Sud. In Sicilia 423mila minori, quasi 1 su 2, vivono in condizioni di povertà relativa, in Lombardia sono 119mila, appena 1 su 14; in Campania e in Basilicata i bambini “poveri” superano il 30%, quattro volte di più che in Emilia. Dalla ricerca emerge anche un'altra spaccatura: la quota di reddito totale del 20% più ricco delle famiglie è pari al 37,2%, mentre al 20% più povero spetta l'8,2% del reddito. 

 

IN SOFFERENZA 14,8 milioni 

L'indice sintetico del rischio di povertà o di esclusione sociale, elaborato dall'Istat, è al 24,5% nel 2010. Un dato stabile rispetto al 2009 che si traduce in una platea di 14,8 milioni di individidui. L'indice tiene conto di chi rientra in almeno una delle seguenti tipologie: il rischio di povertà che riguarda il 18,2% della popolazione, chi è in condizioni di grave deprivazione materiale (6,9%) e chi vive in famiglie a bassa intensità di lavoro

ENTRATE ANNUE 24.544 euro 

Secondo l'indagine dell'Istat, nel 2009 la metà delle famiglie italiane ha percepito un reddito annuo netto non superiore a 24.544 euro, equivalenti a poco più di duemila euro al mese. Ma nel Sud e nelle isole, la metà delle famiglie ha guadagnato appena 20.600 euro netti, cifra che fa scendere le entrate mensili a 1.700 euro. Se si pensa che proprio al Sud si concentrano i nuclei più numerosi, si capisce come il Mezzogiorno sia più in difficoltà


Autore: Carlo Andrea Finotto