Rapporto Msf: testimonianze dall'


Pubblicato il 30.01.2008 in News Sociale

Parlano da Metaponto, Reggio Calabria, Matera, Foggia, Salerno, Latina. Sono alcune delle testimonianze raccolte dagli operatori dai lavoratori stranieri impiegati nei lavori agricoli stagionali in molte province del Sud.
 
Parlano da Metaponto, Reggio Calabria, Matera, Foggia, Salerno, Latina. Sono alcune delle testimonianze raccolte da Medici senza Frontiere dai lavoratori stranieri impiegati nei lavori agricoli stagionali in molte province del Sud. Realtà lontane da immaginare, eppure vissute in Italia, tollerate dalle istituzioni, le forze dell’ordine, gli ispettorati del lavoro, l’opinione pubblica.  

 

H. vive insieme alla famiglia nelle campagne del foggiano

“Mi chiamo H. e vengo da Bor in Sud Sudan. Mio papà e altri due suoi fratelli sono stati uccisi nel conflitto che ha colpito il mio paese. Per paura di essere ucciso a mia volta, ho deciso di cercare rifugio all’estero. Ho viaggiato e raggiunto Kharotum, poi l’Egitto, la Turchia e poi sono arrivato in Italia a Lampedusa. Da lì sono stato trasferito al campo di Crotone dove ho inoltrato domanda d’asilo. Quando sono uscito dal campo sono andato prima a Napoli, poi a Foggia dove mi era stato detto che potevo lavorare in nero, perché sapevo di non poter lavorare, mentre aspettavo l’intervista con la commissione. Quando il lavoro a Foggia era finito mi sono spostato a Rosario per raccogliere le arance. Sono andato spesso in questura a Foggia nel corso degli anni, l’ultima volta nel 2004, ma mi hanno detto che dovevo aspettare. Ora sono sposato con una donna polacca e abbiamo un bambino. Viviamo in una casa del padrone dove non c’è riscaldamento e non c’è bagno. L’acqua la prendiamo ad una fontana pubblica a 5 km di distanza, la portiamo a casa in bottiglie o bidoni. Non abbiamo un servizio di rimozione rifiuti. In compenso abbiamo l’elettricità e il frigorifero. Oltre ai soliti dolori muscolari soffro anche d’ansia perché non so come provvedere a me e alla mia famiglia”.

 

M. viene dal Marocco, incontrato da MSF ad Alcamo (Trapani)

“Sono un ragazzo marocchino di 26 anni, vengo da Agadir. Sono passato da Spagna e Francia tra mille problemi e difficoltà. Sono venuto in Italia due anni fa. Qui ho sempre dormito in case abbandonate, stazioni, giardini di molte città italiane: Milano, Roma, Torino, Napoli, Salerno, Palermo, Alcamo…Ho lavorato sempre nell’ agricoltura 3 o 5 giorni al mese appena. Ad Alcamo ho lavorato nei vigneti dove ho dovuto anche comprarmi le cesoie per raccogliere l’uva. In conclusione mi sento senza futuro, sono molto pentito di aver lasciato il mio paese e il mio lavoro. Mi vergogno di stare qui in queste condizioni ma mi vergogno anche di tornare a casa a mani vuote”.

 

G. è arrivato dal Marocco, incontrato da MSF a San Nicola Varco (Salerno)

“Mi chiamo G. e sono in Italia da un anno e sette mesi, senza documenti, ho vissuto sempre in provincia di Latina. Lavoro in campagna. Il mio primo datore di lavoro, per il quale ho lavorato sette mesi, mi ha trattato male. Mi deve restituire 1.500 Euro, che equivalgono a due mesi e mezzo di lavoro. Ho lasciato questo lavoro da un anno perché non ricevevo più il mio stipendio. Al telefono il mio ex datore di lavoro dice che se io vado lui chiama i carabinieri. Io mi fidavo, pensavo che, come in India, loro vedono che si lavora tanto, si lavora con il sudore, con il sangue e per questo ci pagano, non pensavo che in Italia si facessero queste cose”.

 

H. viene dal Marocco, vive a San Nicola Varco

“Vivo da tre anni in Italia, da due anni e mezzo abito qui a San Nicola Varco e lavoro in serra. Anche quando il padrone usa i prodotti chimici dobbiamo entrare subito in serra, spesso ho bruciore agli occhi e prurito, adesso ho problemi alla pelle. Io non ho mai usato nessuna maschera protettiva mentre i guanti a volte il padrone li compra e possiamo usarli. Il pagamento avviene sempre in ritardo, a volte aspetto fino a 40 giorni. Non siamo trattati bene, ci fanno fare il lavoro più difficile e senza vestiti di protezione, ci pagano poco e addirittura qualcuno non paga per niente e siccome siamo senza documenti non possiamo fare nulla. E poi la notte non possiamo uscire perché ci sono ragazzi italiani che ci menano con bottiglie di vetro, ci insultano. Anch’io sono stato picchiato due volte, una con un bastone e la seconda volta mi hanno lanciato bottiglie da una macchina”.

 

 

Redattore Sociale