Rapporto Ires-Cgil: ''La povertà colpisce le nuove generazioni''


Pubblicato il 19.07.2006 in News Sociale

Si accentua il disagio ''di voler stare dentro la società dei consumi senza averne i mezzi''. Sempre di più le famiglie che non arrivano a fine mese.

"Sempre più numerose sono le famiglie italiane che, contando sul proprio salario, non arrivano alla fine del mese e riescono ad affrontare gli impegni economici solo grazie al supporto che arriva loro dall'esterno di una rete di protezione sociale già debole di per sé: immobili, sostegno della famiglia di origine, plusvalenze non programmate, ecc.”. Lo sostiene il Rapporto Ires-Cgil “I salari dal 2002 al 2005”, presentato questa mattina presso la Sala Santi della Cgil nazionale. “Oggi la povertà cambia faccia e assume una nuova complessità che vive il disagio di voler stare dentro la società dei consumi ma senza averne i mezzi, colpendo, in particolar modo, le nuove generazioni”, afferma il Rapporto. Alcuni esempi, che dimostrano come negli ultimi anni la busta paga delle famiglie di operai e impiegati non basta a sostenere la spesa mensile: dal confronto tra i redditi netti familiari nel 2002 e nel 2005, emerge “uno sbilanciamento delle risorse in favore dei ceti medio-alti. Se calcoliamo, infatti, il potere d"acquisto dei redditi netti familiari tra il 2002 e il 2005 - osserva il Rapporto -, alla perdita cumulata (a prezzi costanti) dei redditi delle famiglie con capofamiglia operaio o impiegato, rispettivamente di 1.434 euro e di 1.425 euro, si contrappone una crescita dei redditi delle famiglie degli imprenditori e dei liberi professionisti di 9.053 euro”.

Svolgendo lo stesso esercizio di raffronto, “se nel 2005 il reddito familiare medio italiano viene eguagliato a 100, le famiglie di operai si stagliano a 78, mentre gli imprenditori e i lavoratori autonomi a 215 – argomenta ancora il Rapporto -. Se nel 2000 il reddito delle famiglie di operai era circa la metà di quello delle famiglie con a capo un imprenditore, nel 2005 tale distanza si è amplificata: in Italia, il reddito netto di una famiglia con un imprenditore o un libero professionista come persona di riferimento risulta quasi 3 volte superiore al reddito di una famiglia con capofamiglia operaio - malgrado la tendenza registrata nel 2002 indicasse una riduzione di tale gap”. Con riferimento al giudizio delle persone sulla propria situazione economica negli anni 1997-2005, dalle indagini Istat emerge che tra il 1997 e il 2001 la generale “insoddisfazione”, in gran parte dovuta al periodo precedente, “è diminuita mediamente di circa - 2,6 punti ogni anno. Le persone insoddisfatte si sono ridotte dal 43,5% al 33,1%. Di contro, negli ultimi anni, l’insoddisfazione è mediamente cresciuta di +5,6 punti percentuali, rendendo le persone che si definiscono insoddisfatte circa 1 su 2 (49,8%)”, riferisce l’Ires-Cgil. E sempre secondo i dati Istat, il giudizio degli italiani sulla propria situazione economica familiare “denota una diminuzione dell’insoddisfazione nel periodo 1997-2001 di circa 2,3 punti percentuali ogni anno, mentre definisce uno stato di percezione fortemente negativo nel periodo 2002-2005, in cui l’insoddisfazione cresce mediamente di 13,6 punti percentuali ogni anno”. Quindi le famiglie complessivamente insoddisfatte sono il 47,8% (2005), al contrario di appena il 20,3% nel periodo 1997-2001 – che peraltro aveva ereditato un giudizio negativo nel 1996 di circa il 30% delle famiglie. Sintetizzando, le famiglie che dichiarano insoddisfazione attualmente sono circa 10 milioni e le persone con percezione negativa del proprio status economico sono circa 22 milioni.

 


Autore: lab
Fonte: Redattore Sociale