Quando un lavoro non basta più


Pubblicato il 21.05.2013 in News Sociale

 

Hanno un'occupazione fissa e uno stipendio. Eppure non riescono a pagare l'affitto, gli alimenti e le spese di un'auto. Affollano con vergogna le mense gestite dalle associazioni caritatevoli. Sono i nuovi poveri. Un fenomeno in continua crescita, diffuso in tutte le aree del Paese


Qualcuno li chiama "i cartoneros italiani", mutuando la definizione dalla recente storia del collasso finanziario in Argentina. Quando, nei primi anni del Duemila, la crisi spazzò certezze e risparmi della classe media del paese, partorendo nuovi, drammatici fenomeni sociali. All'epoca, per reinventarsi un lavoro dopo aver perso l'impiego, intere famiglie raccoglievano, per rivenderlo, materiale rinvenuto nei sacchetti dell'immondizia, abbandonati sui marciapiedi di Buenos Aires: cartone, legno, plastica, vetro, metallo.

Oggi il fenomeno italiano non è identico, ma un ibrido forse perfino più preoccupante. Perché da qualche anno, nelle nostre città, vive e si muove, piuttosto in silenzio, una nicchia di povertà di cui gli stessi protagonisti a stento riescono a parlare. Sono i poveri con un lavoro e uno stipendio. A volte fisso, altre volte precario.

La fotografia dell'Istat, elaborata in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, la Caritas e la Federazione italiana organismi per le persone senza fissa dimora, restituisce quote che si aggirano sul 24,5 per cento del totale dei senza tetto, e una fascia d'età compresa tra i 35 e i 45 anni, con un livello d'istruzione media. 

Una popolazione che vive in uno "stato di deprivazione": cioè, tecnicamente, nonostante possa contare su una busta paga, non è in grado di sostenere spese impreviste, ha arretrati nei pagamenti quotidiani, non riesce a garantirsi un pasto adeguato almeno ogni due giorni e, in alcuni casi, non è più capace di sostenere le spese per un mutuo o per un affitto.

La casistica più frequente è quella del padre che, in seguito alla separazione, deve garantire l'assegno di mantenimento per la propria famiglia, e una sistemazione dignitosa anche per sé. Secondo l'Eurispes si tratta di 4 milioni di individui, di cui l'80 per cento non riesce a sopravvivere con il proprio stipendio ( leggi).

Le segnalazioni sono geograficamente trasversali. Provengono dalle grandi città distribuite sull'intero teritorio: Milano, Firenze, Roma, Napoli, Cagliari. 

I "poveri con impiego" dormono per strada, negli androni dei palazzi, nei centri di accoglienza, in macchina, da qualcuno che li ospita, perfino sui terrazzi. Si lavano nei bagni dei bar, delle strutture sociali, fanno le docce a casa di amici. E poi si recano regolarmente al lavoro. In silenzio. Perché rivelare la condizione in cui vivono, in questi casi, non è solo una questione di dignità e pudore. Ma si rischia di recidere anche l'ultimo laccio che li tiene miracolosamente collegati al contesto sociale: il lavoro.

Carlo (il nome è di fantasia per rispettarne la privacy) ha 36 anni. Dopo 2 anni di lavoro in Canada è rientrato in Italia. I genitori non gli hanno offerto accoglienza. Ha un lavoro come restauratore e artigiano, ma da 5 mesi vive per strada perché non riesce a pagarsi un affitto. Qualcuno gli ha offerto un locale dove utilizzare un pc e depositare alcune sue cose. 

Emilio ha 46 anni. È un insegnante elementare precario, lavora a Roma. Si è separato dalla moglie e ha due figli che vivono in Calabria. E' sempre riuscito a pagare 500 euro d'affitto per un posto letto, ma quando non gli è stata restituita la caparra da alcuni proprietari delle stanze che occupava, la sua condizione è precipitata. Ha bruciato i pochi risparmi e si è indebitato. Non ha un luogo fisico dove trascorrere la notte.

Sono solo alcuni dei casi registrati nell'ultimo anno dalla Comunità di Sant'Egidio di Roma, che si occupa di offrire assistenza anche ai nuovi "poveri retribuiti". 

Francesca Zuccari, responsabile dei centri d'accoglienza della comunità, parla di una preoccupante impennata di casi simili, negli ultimi tempi: "In 5 anni queste condizioni si sono moltiplicate. La fascia d'età di chi ha un reddito ma non riesce più ad affrontare le spese che comporta una casa è tra i 40 e i 60 anni. Al principio si trattava perlopiù di anziani in situazioni di solitudine. Oggi l'età si è sensibilmente abbassata. A Roma il problema della sofferenza economica è determinato dal costo esoso dell'alloggio. Molti di coloro che hanno un lavoro vivono per strada. Possiamo ospitarne solo alcuni, mentre riusciamo a tamponare quasi interamente, per ora, il problema dei pasti distribuiti in mensa".

 


Autore: Paola Bacchiddu
Fonte: L'Espresso