A Bologna il fenomeno cambia volto: aumentano i ragazzi che copiano quello stile di vita, ma che non stanno sotto i portici 24 ore su 24: abusano di sostanze stupefacenti, mangiano alla mensa universitaria e ogni tanto vanno anche a lezione.
Li copiano, ma senza faticare troppo. Come loro si drogano e bivaccano, anche se la mattina tornano a casa a dormire. Rifiutano gli schemi sociali, eppure, la vita di strada, la simulano soltanto. Sono i punkabbestia part-time (definiti "emuli" dagli operatori). Studenti che sfiorano il lontano ricordo di quelli che negli anni Novanta, a Bologna, facevano tendenza e andavano a vivere per strada: erano gli amanti delle tribe tecno e dei rave party clandestini, sempre accompagnati dai loro cani. Così, dal lavoro degli operatori sociali, emerge una diminuzione del numero degli storici punkabbestia (senza fissa dimora) in città e la nascita di una nuova sottocultura giovanile, gli "emuli" per l'appunto: «Sono dei ragazzi, in parte studenti universitari, che si distinguono per uno stile di vita, di stima e di presentazione di sé che fa riferimento all'identità dei punkabbestia - spiega Remo Quadalti, responsabile del settore "riduzione del danno" del Centro di accoglienza La Rupe - Sono consumatori non consapevoli di sostanze stupefacenti (e di solito preferiscono le droghe sintetiche all'eroina). Persone che ne fanno un uso ricreativo e consuetudinario, ma non sono ancora dentro ad una logica di una dipendenza condizionante».
A quanto pare Bologna, la città che ha visto nascere e crescere i "veri" punkabbestia degli anni Novanta, se n'è liberata: «Da quello che abbiamo potuto osservare, questi ragazzi sono sicuramente diminuiti. In strada saranno 25-30 al massimo» aggiunge Quadalti. «Del resto il fenomeno non è più rilevante come 4-5 anni fa». È vero che i numeri non sono gli stessi del 1998-2001, ma com'è possibile che in qualche anno siano scomparsi, quasi completamente, dallo scenario bolognese? In effetti, al di là del calo numerico, è meglio parlare di evoluzione della figura dello storico punkabbestia eroinomane, quello che si allontanava dalla famiglia e dalle regole sociali in nome della libertà: «Nel 2001 i punkabbestia era tanti. Di anno in anno sono diminuiti fino a scomparire nel novembre del 2007. Adesso abbiamo ricominciato a vederli, ma sono veramente pochi – dice Barbara Grazia, responsabile delle attività sociali di prevenzione del settore "Politiche per la sicurezza" - Sono molto meno perchè il loro stile di vita è devastante e probabilmente hanno fatto altre scelte: magari dormono nei dormitori senza avere più il cane. Del resto, la vita di strada è troppo difficile e non può durare a lungo».
Ma a sostituirli ci ha pensato qualcun altro: «Dal 2001 cerchiamo di capire com'è cambiata la popolazione dei pukabbestia – continua Barbara Grazia - e che cosa sta succedendo. Gli "emuli" rappresentano una problematica attuale perchè sono aumentati nel territorio da circa un anno, massimo un anno e mezzo. Sono stati definiti in questo modo per le loro caratteristiche estetiche e fisiche: capelli, tatuaggi, piercing ovunque, vestiti trasandati ecc. Quantificarli è difficile, ma è certo che il mondo universitario rappresenta un buon bacino di riferimento: già in passato qualche docente ci disse che la maggior parte dei ragazzi che si presentavano agli esami sembravano dei punkabbestia». Gli "emuli" part-time vivono come tanti altri studenti, magari con qualche vizio in più. «Quando i nostri operatori vanno nella zona universitaria per stabilire dei contatti – spiega la responsabile delle attività sociali di prevenzione del settore "Politiche per la sicurezza" - questi ragazzi non esprimono dei bisogni. Quando li vediamo per strada parliamo con loro, ma non ci chiedono mai aiuto perché sono autosufficienti: mangiano spesso nelle mense universitarie, hanno una casa e bivaccano tutto il giorno per strada. Forte è il contatto con il mondo del microspaccio, mentre abusano di alcool e sostanze stupefacenti. Eppure non fanno richiesta di alcun tipo, perché non si rendono conto dei problemi che hanno». Stanno in giro tutto il giorno e si spostano tra piazza Verdi, il Pratello e piazza XX Settembre. A tutto ciò si aggiunge anche «la carenza di servizi igienici che è un grosso problema» denuncia Barbara Grazia. «Ormai ci sono dei posti in città che sono adibiti a WC: la zona universitaria, una parallela di via Petroni, piazza Santo Stefano (qui in particolar modo è un disastro perché non ci sono locali). Ma non è una forma di provocazione, non hanno altra scelta».
È vero che ogni città ha la sua piazza Verdi e deve fare i conti con il degrado, ma la questione è un'altra: Bologna offre poco agli studenti. «Mancano i luoghi di socializzazione, anche a livello universitario. Ormai hanno spostato i centri sociali in zone periferiche – continua a spiegare la responsabile del settore "politiche per la sicurezza" - facendo venir meno quelli che in passato erano stati i principali punti di incontro e i luoghi di confronto (anche se erano autogestiti). Adesso si vive di più la strada e le piazze. Così tutto diventa visibile portando alla creazione di inevitabili forme di degrado: dal problema dello smaltimento del vetro, ai bagni, alle deiezioni canine». Ma i ragazzi hanno bisogno di un "habitat" dove potersi confrontare, e l'unico a disposizione sembra essere la zona universitaria: «Dentro un centro storico abitato da 150-160.000 persone ci sono 60.000 studenti fuori sede che trovano in quella area l'unico palcoscenico e momento di comunicazione tra loro e con la città», conclude Remo Quadalti. Così se negli anni Settanta era di moda andare in India e negli anni Novanta lasciare tutto per diventare punkabbestia, oggi è sufficiente sembrare alternativi, non esserlo.
Redattore Sociale