Bilancio positivo, appello all'amministrazione perchè mantenga i posti del piano freddo (600- 1000) per tutto l’anno. ''Il problema non si risolve servendo un panino o trovando un posto dove dormire''
Il bilancio del Piano freddo a Roma, quest’anno aggravato anche dall’emergenza neve, è nel complesso positivo anche se non si dovrebbe pensare ai senza dimora solo a ridosso dell’inverno, ma durante tutto l’anno. Manca infatti una pianificazione di lungo periodo che permetta una reale uscita di queste persone dalla loro situazione di vita precaria, attraverso un percorso di reinserimento sociale e lavorativo.
Lo dice Alessandro Radicchi, direttore dell’Osservatorio nazionale del disagio sociale (ONDS). “Quest’anno c’è stata anche la neve, che ha creato una situazione difficile, affrontata con tutti i mezzi di emergenza che si sono potuti attivare ma che risultano sempre scarsi – aggiunge -. Quando l’emergenza arriva siamo impreparati, perché mancano i centri diurni dove far stare queste persone durante il giorno. C’è uno schiacciamento sui servizi di base: si pensa di risolvere la questione servendo un panino o trovando un posto dove dormire, in realtà così si mette solo una toppa a un problema che è sempre presente”. Quello che l’amministrazione capitolina dovrebbe fare è innanzitutto mantenere i posti messi a disposizione per il Piano freddo (di solito 600- 1000) per tutto l’anno, creando dei centri diurni su cui costruire percorsi di recupero e reinserimento.
“Non si può pensare solo alla sopravvivenza, allestendo stanzoni da 50 posti. Ci dovrebbero essere abitazioni dignitose – afferma – e per far questo non possiamo pensarci ogni novembre, ma dobbiamo alzare il livello di qualità. Il pensiero dell’amministratore ai senza dimora deve essere rivolto tutto anno. La qualità deve aumentare, così all’emergenza successiva le persone che ne avranno bisogno saranno meno, perché siamo intervenuti con percorsi di reinserimento. Bisogna dare prospettiva all’aiuto che diamo”. Radicchi ricorda che l’assessorato alle Politiche sociali del Comune ha fatto il possibile durante l’emergenza neve, attivandosi positivamente ma “se non si vuole istituzionalizzare la figura del barbone bisogna investire, guardando oltre il breve periodo”. “Al San Camillo Forlanini nei giorni della neve è stata aperta una struttura di accoglienza - afferma -, finita l’emergenza ho chiesto di mantenerla per farne un centro diurno, ma a livello amministrativo non è possibile per motivi burocratici. Dobbiamo cambiare il modo di pensare a questi problemi, i dati ci dicono che in Italia non c’è più bisogno di servizi a bassa soglia ma di un discorso reale di accoglienza”.
Secondo il direttore dell’Onds bisognerebbe, inoltre, pensare a un intervento mirato sulle persone, attraverso percorsi di recupero che possono servire anche a uscire dalla strada. “C’è una percentuale di persone su cui interveniamo per la riduzione del danno, per esempio quando c’è un problema psichiatrico o di alcolismo, ma ci sono altri soggetti per cui si può pensare a un percorso di reinserimento – sottolinea Radicchi -. Durante l’emergenza, queste persone, che cerchiamo di recuperare, soffrono ancora di più, perché per esempio i laboratori che svolgiamo con loro vengono accantonati per far spazio ad altri servizi di base considerati più urgenti”. (ec)