Report Istat. Le valutazioni del presidente Fiopsd: grande lavoro di aiuto ai poveri, ma scarsa innovazione. In Italia manca una misura di sostegno al reddito, “non c'è volontà politica”. La nuova social card? “Irrilevante”
In Italia c'è una quota importante – e crescente nel tempo – di persone “che non riescono a soddisfare con le proprie risorse neppure i bisogni primari”: una situazione di fronte alla quale i servizi esistenti si mostrano poco innovativi nelle risposte e a livello nazionale mancano del tutto dei “livelli essenziali di assistenza capace di garantire le persone più in difficoltà”. Pertanto, nonostante il gran lavoro del pubblico e del privato, che fronteggiano insieme “una emergenza sociale permanente”, in Italia si realizza un sistema per cui, di fronte ad una situazione di povertà, “tanti entrano nel modello assistenziale ma pochi hanno la possibilità di venirne fuori”. Così Paolo Pezzana, presidente di Fio.psd, la federazione degli organismi delle persone senza dimora, commenta l'indagine Istat sui servizi ai senza dimora e mette in evidenza i limiti del modello di azione seguito finora. Con un'annotazione che sa di rammarico e di speranza: “Se vi fosse la volontà politica di investire sulla reinclusione delle persone senza dimora e sulla capacità dei servizi di occuparsene efficacemente, si potrebbe ottenere qualche risultato apprezzabile anche senza raggiungere una quantità di risorse troppo elevata rispetto alle poche attualmente disponibili”. Ma, da questo punto di vista, anche la sperimentazione di una nuova Social Card – così come delineata finora – appare uno strumento “fondamentalmente irrilevante in termini sostanziali”.
Pezzana sottolinea l'importanza dei dati – una “prima uscita storica” - e sottolinea, pur con tutte le cautele del caso, che “non può essere sottovalutato il dato che nel 2010 in Italia si siano effettuati interventi di risposta ai bisogni primari in oltre un milione e 300 mila casi di persone in difficoltà che chiedevano aiuto”, in particolare considerando che nella metà dei casi il servizio è dato dalla “spontanea azione di enti e organizzazioni private” senza legame con l'autorità pubblica. Il presidente Fio.psd sottolinea che “il ruolo del volontariato è fondamentale, ma è complementare e non sostitutivo a quello degli operatori professionali”: serve insomma personale competente e formato e dunque “sarebbe un errore” puntare solamente sul volontariato, “limitandosi a sollecitare la filantropia e riducendo ulteriormente i fondi”.
Pezzana fa notare la sproporzione fra il grande numero di servizi dedicati ai bisogni primari e quelli di presa in carico, parlando di un sistema “ad imbuto” in cui molti entrano nel sistema assistenziale ma pochi riescono effettivamente a venirne fuori: in pratica si crea una situazione “cronicamente destinata a lasciare le persone nello stesso stato in cui si trovano”. Che d'altro canto si segnala anche come “pericolosa assuefazione assistenziale”. Ecco allora la critica verso una “carenza di innovatività” dei servizi, con un “certo irrigidimento delle modalità di offerta dei servizi”, e l'assenza di nuove modalità di azione e di nuovi strumenti per l'inclusione sociale: esattamente in contrario di quanto avvenuto in altri paesi che invece hanno negli ultimi 15 anni attuato sperimentazioni e innovazioni utili ed efficaci.
In questo senso, Pezzana nota in Italia l'assenza di “una misura universale di sostegno al reddito per le persone sotto la soglia di povertà” e la tendenza alla crescita delle persone in condizione di povertà, relativa ed assoluta, ma non (ancora) senza dimora, che si rivolgono ai servizi di risposta ai bisogni primari. Intervenire in questo campo sarebbe dunque importante e la politica dovrebbe scegliere di farlo: il campo delle persone senza dimora potrebbe diventare “un piccolo ma significativo lavoratorio nazionale di welfare”, in cui attuare sperimentazioni e innovazioni per colpire la punta dell'iceberg della povertà, valutandone gli impatti sociali senza dover aumentare significativamente la spesa pubblica e agendo in un settore di per sé stesso votato alla sussidiarietà. “Si tratta solo di capire – conclude Pezzana - se la volontà politica, a tutti i livelli, c'è o meno”.