Papà sul lastrico dopo il divorzio: «È allarme, serve un fondo di garanzia»


Pubblicato il 15.11.2010 in News Sociale

L’idea arriva dai “cugini” francesi: una polizza assicurativa che serva a garantire gli alimenti all’esercito dei divorziati che affollano le nostre città. Il periodo è di grossa crisi e il suggerimento appare buono. Così l’Italia rilancia, e lo fa attraverso l’Associazione avvocati matrimonialisti italiani che snocciolano dati impressionanti, da nuova povertà: solo a Roma, all’interno del raccordo anulare, 90 mila persone tra separati e divorziati sono costrette a vivere come barboni. Cinquantamila a Milano. L’avvocato Gian Ettore Gassani che presiede l’Associazione, parla di un vero e proprio dramma sociale, di padri che finiscono a dormire in macchina, di madri che non ricevono gli assegni per i figli e rischiano di perderli. O anche di casi come quello di ieri, in provincia di Asti, dove un papà, separato in casa, si è tagliato le vene dei polsi e del collo davanti al figlio di 5 anni. Storie drammatiche, e intorno una realtà della quale molti neanche ne sospettano l’esistenza.
«La crisi economica del nostro paese - spiega Gassani - ha travolto la famiglia. Nell’immaginario collettivo a separarsi sono i ricchi, invece il 95 per cento sono operai, insegnanti, impiegati. Tutta gente che ha uno stipendio che non supera i 1.600 euro. E se c’è un mutuo da pagare, si finisce alla Caritas». Sono perlopiù gli uomini a finire sul lastrico, ma anche un 4 per cento di donne che provvedono a mantenere marito e figli. Accade più al Nord e meno al Sud, perché in quei paesi esistono un maggior numero di imprenditrici rispetto al meridione. Ma il vero problema è che quando il Tribunale condanna il marito a pagare 8-900 euro di alimenti a figli e moglie, alla fine, stanno male tutti. E così c’è chi smette di passare gli alimenti e riduce il 30 per cento delle mogli alla totale indigenza. L’associazione pensa che una soluzione potrebbe essere istituire un fondo di garanzia o introdurre una polizza assicurativa anche in Italia.
«Però - sottolinea l’avvocato - non è un provvedimento che può essere lasciato alla discrezionalità di questa o quella amministrazione. Deve essere una decisione nazionale. Altrimenti non c’è da meravigliarsi se scoppia la tragedia. Dal 2006, nel nostro paese, è avvenuto un triste sorpasso: la famiglia uccide più della mafia. Senza contare che il Tribunale di Roma, solo per citarne uno, è ingolfato da procedure di recupero crediti da parte dei mariti insolventi». Negli uffici dell’Aim sono arrivati casi disperati, come quell’insegnante di Latino e Greco, di 47 anni, che si è separato ed è stato condannato a pagare un mantenimento di 900 euro. Un bel giorno si è visto arrivare dei soldi dai genitori dei suoi alunni: lo avevano scoperto mentre si lavava alla fontanella e dormiva nella macchina. Una dimostrazione d’affetto che lui non ha potuto permettersi di rifiutare. Ma si è sentito talmente umiliato da chiedere il trasferimento dalla scuola. Una mamma con due bambini e un marito che ha perso la testa per una giovanissima straniera, è finita anche lei alla fame. Se non avesse avuto i genitori pronti a ospitarla, avrebbe rischiato di vedersi togliere i figli. «Bisognerebbe che i Comuni mettessero a disposizione di queste persone - insiste Gazzani - case a prezzi stracciati e un posto dove andare a mangiare. E poi, ormai, anche il Diritto di famiglia andrebbe umanizzato, così come le aule di Tribunale. Per avere una sentenza di divorzio ci possono volere 12 anni, mentre le coppie in 27 minuti vengono separate».


Autore: Cristiana Mangani
Fonte: Il Messaggero