Nuovi cittadini comunitari: ''Diminuite le garanzie di accesso alle cure sanitarie''


Pubblicato il 04.07.2007 in News Sociale

In una lettera al ministero della Salute, Msf e la Società italiana di medicina delle migrazioni propongono soluzioni per superare la confusione legislativa attuale. In alcune Asl, trattamenti rifiutati a donne incinte e malati gravi.
 
“Sono urgenti norme chiare per garantire l’accesso alle cure ai cittadini neocomunitari presenti in Italia e vanno trovate soluzioni diversificate per superare la confusione attuale in merito a come le Asl devono agire nei confronti dei cittadini europei dei nuovi Stati membri”. La richiesta proviene da Medici senza frontiere che, con la Società italiana di medicina delle migrazioni, ha scritto una lettera indirizzata al ministero della Salute, affinché prenda atto di un problema che è emerso nel corso dell’attività svolta da Msf nelle Asl della Campania, della Calabria, della Puglia e della Sicilia. “Di fatto – denuncia Angela Oriti, di Medici senza frontiere - molti cittadini neocomunitari si sono trovati nella situazione di non poter proseguire trattamenti terapeutici in corso o si sono visti negare l’assistenza sanitaria anche in situazioni delicate come la gravidanza. Paradossalmente, dal 2004, i cittadini appartenenti ai nuovi Stati membri hanno visto diminuire le garanzie riconosciute sul piano dell’assistenza sanitaria”. Questo a causa della confusione normativa legata alle indicazioni europee che si è creata con l’ingresso dei nuovi Stati nell’Ue.

Per far fronte a tale situazione, Medici senza frontiere propone una serie di soluzioni. Eccole in dettaglio: “Per garantire l’accesso alle cure dei cittadini neocomunitari presenti in Italia per periodi di soggiorno brevi è necessario che tali cittadini possano ottenere la tessera Team nel loro paese di origine e che sia successivamente garantito il rimborso delle prestazioni eventualmente fruite in Italia. Tali condizioni possono essere stabilite anche attraverso accordi bilaterali tra l’Italia e i paesi coinvolti cercando, per quanto possibile, di rendere omogenee le reciproche condizioni di accesso alle prestazioni sanitarie nei due paesi. Inoltre si potrebbero rivedere le condizioni necessarie per la richiesta di iscrizione anagrafica comprendendo ad esempio, tra le categorie ammesse, donne in gravidanza e stranieri affetti da patologie gravi e chiarendo che, per chi richiede l’iscrizione per studio o reddito, l’assicurazione sanitaria privata è alternativa all’iscrizione volontaria al Servizio sanitario nazionale (Ssn).

È necessario chiarire, anche con una circolare del ministero della Sanità, che l’iscrizione anagrafica per lavoro e motivi familiari dà diritto all’iscrizione obbligatoria al Ssn, mentre l’iscrizione per studio e reddito dà diritto all’iscrizione volontaria al Ssn; fino all’introduzione di chiarimenti definitivi in merito alle possibilità di effettiva ‘regolarizzazione’ dei cittadini neocomunitari è necessario garantire il rilascio del tesserino Stp – che dà diritto alle cure d’urgenza ed essenziali - a prescindere da un precedente rilascio e dalla data di ingresso in Italia almeno in favore di minori, donne in gravidanza e stranieri affetti da patologie gravi”. 

 
La confusione normativa denunciata da Msf è nata in seguito all’ingresso, nel maggio 2004 e successivamente nel gennaio 2007, di dodici nuovi Stati nell’Unione Europea, tra cui Bulgaria e Romania. “Questo ha portato  innanzitutto all’abolizione dei visti d'ingresso – spiega Msf - e della richiesta di nulla osta al ricongiungimento familiare dei cittadini neocomunitari. Sono inoltre cessati gli effetti delle espulsioni adottate in passato. I cittadini neocomunitari risultano quindi regolarmente soggiornanti sul territorio, non potendo essere più soggetti a provvedimenti di allontanamento e possono liberamente rimanere in Italia per periodi brevi, inferiori a 3 mesi, senza alcuna formalità. Per dimostrare invece la ‘presenza stabile’ nel nostro Paese, sono tenuti a richiedere l’iscrizione anagrafica, che ha sostituito la carta di soggiorno. Per richiedere l’iscrizione anagrafica è necessario avere un contratto di lavoro subordinato o esercitare un lavoro autonomo nello stato; avere risorse economiche sufficienti e un’assicurazione sanitaria; essere iscritti a un corso di studi presso un istituto pubblico o privato riconosciuto; essere familiare comunitario di un cittadino comunitario già regolarmente soggiornante. A livello sanitario i cittadini neocomunitari, nel caso di soggiorno di breve durata, hanno diritto di accedere alle prestazioni che si rendono necessarie dal punto di vista medico richieste dal proprio stato di salute per consentire di continuare il soggiorno in condizioni sicure sotto il profilo medico, dietro esibizione della tessera europea di assicurazione malattia (Team). Ma in realtà, raramente i cittadini provenienti da Romania e Bulgaria, soprattutto se in condizioni di fragilità sociale, sono in possesso di tale documento e, spesso, non risultano iscritti al Ssn del Paese di provenienza. Inoltre, a causa dell’assenza di accordi bilaterali specifici con tali paesi risulta comunque difficile, allo stato attuale, ottenere il rimborso delle prestazioni sanitarie eventualmente fruite dai cittadini di questi paesi in Italia. In linea teorica, inoltre, i cittadini comunitari sembrerebbero esclusi dal rilascio del codice Stp in quanto non più irregolarmente presenti sul territorio. 
 

All’interno degli ambulatori gestiti da Msf, le nazionalità romena e bulgara sono le più rappresentate, costituendo, nel 2006, più del 40% degli accessi complessivi, dato dimezzatosi nel 2007. Negli ambulatori di primo livello per immigrati irregolari aderenti alla rete della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, ancora oggi (dal primo gennaio al 31 maggio 2007) l’utenza romena è significativamente presente (anzi è leggermente aumentata rispetto allo stesso periodo 2006 nel privato sociale, non vincolato dai limiti imposti per il rinnovo Stp) in base all’impossibilità di accesso ad altri percorsi assistenziali. E’ opportuno chiarire che la maggior parte di queste persone non si trovano nel nostro paese per soggiorni di breve durata e non possono quindi accedere alle prestazioni sanitarie con la Tessera europea di assicurazione malattia. Dall’altra parte chi lavora e soggiorna stabilmente in Italia non sempre è in grado di esibire un regolare contratto di lavoro e ottenere quindi l’iscrizione anagrafica e il rilascio della tessera sanitaria. Va aggiunto, inoltre, che coloro i quali sono titolari di regolare contratto di lavoro non sono comunque riusciti, in diversi casi, a effettuare l’iscrizione anagrafica dato che moltissimi uffici comunali hanno sospeso tali pratiche sostenendo di non possedere, allo stato attuale, disposizioni chiare e una formazione adeguata per rispondere alle richieste. Inoltre, benché sia evidente che i titolari di iscrizione per motivi di lavoro hanno diritto all’iscrizione al Ssn tale circostanza non è stata esplicitamente chiarita a livello normativo, ragione per cui diverse Asl rifiutano comunque di procedere all’iscrizione.


A causa delle difficoltà dovute alla “regolarizzazione” della posizione di soggiorno stabile dei cittadini neocomunitari e in seguito alle segnalazioni di enti e associazioni, nonché di alcune istituzioni coinvolte, il Ministero dell’Interno, prima, e il Ministero della Salute, poi, hanno concesso, per un periodo transitorio, la proroga del regime Stp in favore dei cittadini stranieri provenienti da Romania e Bulgaria già presenti in Italia a gennaio 2007 e già in possesso del tesserino. Tale disposizione, pur rispondendo alle necessità sanitarie di un certo numero di cittadini neocomunitari, ha lasciato comunque irrisolti i problemi di coloro i quali erano entrati successivamente al gennaio 2007 nel nostro paese o, pur essendo già presenti, non avevano comunque avuto necessità di richiedere il tesserino Stp prima di tale data. Si ricorda a tale proposito che, per rispondere ai bisogni di assistenza sanitaria di categorie vulnerabili come le donne in gravidanza, i minori e le persone affette da patologie gravi, alcune Asl - Caserta, Roma, Napoli, Latina - e alcune regioni - Lazio, Piemonte -  avevano emanato, prima delle circolari ministeriali, disposizioni volte a garantire l’assistenza di tali soggetti a prescindere dal previo possesso della tessera Stp. Questa confusione e diffusa condizione di disagio, ha anche sollecitato alcuni parlamentari a presentare una interrogazione a cui è stata data risposta da parte del Ministero della Salute, a marzo 2007, con l’impegno ad affrontare la problematica nell’ambito ‘di una regolamentazione specifica’ e con l’ambigua affermazione che ‘in via transitoria le Asl possono valutare specifiche situazioni che giustifichino l’applicazione della norma più favorevole, come previsto dall’art. 1 comma 2 del D.Lgs. 286 del 1998’. Per concludere, non solo le circolari nominate non sono riuscite, ad oggi, a risolvere il problema, ma le modifiche intervenute sul piano dell’iscrizione anagrafica e la restrizione in merito all’accesso a tale possibilità ai soli stranieri in grado di esibire contratto di lavoro, iscrizione a corsi di studio o adeguati mezzi economici, hanno ulteriormente aggravato la situazione”.
 

 

Redattore Sociale