Nuova stazione paradiso. Così lo scalo ferroviario trova una seconda vita


Pubblicato il 13.04.2016 in Rete Onds


Break dance, teatro, laboratori di stampa 3D, centri di assistenza sanitaria o per l’integrazione. Così più di 500 scali ferroviari in disuso in tutta l’Italia hanno trovato una seconda vita. Grazie a Ferrovie dello Stato Italiane, alle associazioni e a buone idee

 

Sudore e musica a palla. Una cassa, un pc e migliaia di evoluzioni a stretto contatto con il pavimento. Tutto concentrato in 35 metri quadri. A far rivivere l'ex sala d'attesa di prima classe della stazione ferroviaria di Mondovì, in provincia di Cuneo, ci hanno pensato Rashid, Elisa, Luca, Giacomo, Mustafà e Menelik. Sono breaks boy e breaks girl e formano una crew, un gruppo dai 16 ai 42 anni, unito dalla passione per la break dance e la cultura hip hop. La danza di strada è sbarcata qui dopo un lungo viaggio, dalla New York degli anni '70. Un balzo spaziotemporale fino a questo paesone a metà strada tra Torino e Savona, le montagne alle spalle e il mare davanti. Ventiduemila abitanti e tanta voglia di scappare dalla provincia.
"Per anni abbiamo girovagato per cercare una sala da ballo per gli allenamenti che non ci costasse 40 euro a seduta. Troppo per molti di noi. Ora finalmente ne abbiano una tutta nostra", racconta Fabio Cavarero, 24 anni e cappellino rosso calato sulla testa. La loro "casa" è a pochi metri dai binari da dove partono i treni. Due, tre, quattro volte a settimana si ritrovano, si allenano, tengono corsi per neofiti sul marmo della stazione in stile liberty. "Io ho iniziato a sette anni. Oggi ne ho venti e insegno anche ai bambini", spiega Elisa Comino tra un footwork e un altro. È l'unica donna del gruppo. Gli altri sono tutti ragazzi della zona, un mix di seconde generazioni di migranti marocchini, albanesi e congolesi arrivati trent'anni fa e coetanei italiani. Tutti perfettamente integrati, con un lavoro e una attrazione fortissima per un ballo "che fa stare bene".
L'apertura della sala in disuso ai breaker di Next Stop è merito della caparbietà dei tre fondatori dell'associazione MondoQui - Claudio Boasso, Francesco Belgrano e Abdelghani Boumehdi - che nel 2013 hanno piazzato prima la sede della onlus nell'ex deposito bagagli e poi hanno accolto i danzatori. Ecco come le stazioni da luoghi di arrivo e partenza dei viaggiatori si trasformano: nelle metropoli dilagano boutique di abbigliamento e librerie, negozi gourmet ed eleganti caffetterie. Dove non c'è nessun interesse commerciale, pochi passeggeri e zero domande di affitto, meglio puntare sulla cultura, abbandonando la connotazione di "non luogo".
Su un patrimonio totale di 2.286 stazioni, 1.900 sono oggi disponibili per la trasformazione e le Ferrovie dello Stato a partire dagli anni Novanta ne hanno assegnate 509 agli enti locali e alle associazioni no profit, facendole così rinascere. Le restanti, nel linguaggio burocratico, sono "impresenziate". Un cambiamento figlio dei tempi moderni: con il controllo telematico non servono più figure come bigliettai, macchinisti e capostazione. Senza personale, il rischio concreto per tanti edifici, spesso ricchi di storia e fascino, è diventare meta di topi, vandali e sterpaglie. Per evitare la condanna la formula è quella del comodato d'uso gratuito. "Con un duplice vantaggio: evitare l'abbandono e creare degli ambienti vivibili", sottolinea Fabrizio Torella, responsabile delle attività sociali di Ferrovie dello Stato:"Noi siamo ben felici di assegnarle in cambio della manutenzione e di un chiaro scopo sociale. È il miglior modo possibile per riutilizzare un immenso patrimonio pubblico".
La svolta è profonda: quando si mettono a disposizione gli spazi si riempie un vuoto, si crea una comunità e parte la riattivazione. Un concetto più filosofico che legato ai trasporti, ma che nel caso delle fermate del treno diventa una dimostrazione pratica.
Ecco chi si è inventato una seconda vita ferroviaria. (...) Attaccato all'aeroporto di Genova, nel quartiere di Cornigliano, l'associazione Soleluna ha creato la figura del dentista e medico solidale: cure gratuite due volte alla settimana. Nell'ex appartamento del personale ci sono le docce e la mensa per 60 persone. Stesso servizio nell'help center di Messina e Catania, dove viene offerto anche un servizio di consulenza per trovare alloggio, cure o lavoro a chi ciondola tra i binari e il piazzale antistante. Non c'è però solo il disagio e la cura delle persone senza dimora. A Luino, sulla sponda lombarda del Lago Maggiore, a Boscoreale (Napoli), Pioppe di Salvaro e Marzabotto (Bologna) e in provincia Venezia a San Stino di Livenza, hanno puntato tutto sul suono e la passione per la musica. Concentrando gli sforzi in allestimenti di laboratori di rap, canto e pianoforte, sala per danza e concerti, locali per le prove e web radio.
Una storia di rigenerazione di magazzini, sale d'attesa, uffici e appartamenti che sono diventate buone pratiche di promozione turistica e ambientale, centri di aggregazione, spazi di attività solidali (i più gettonati la distribuzione di viveri e vestiario) ma anche basi della protezione civile.
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Fonte: D Repubblica