Ricerca della Caritas di Milano sull'evoluzione delle comunità di accoglienza, divenute non solo spazi di accoglienza, ma luoghi di relazione con la società. Individuati 4 diversi modelli di sviluppo.
Le comunità per tossicodipendenti, nate trent'anni fa per curare le vittime della droga, oggi rappresentano un "vero e proprio approccio di intervento rispetto alla tossicodipendenza". Ne sono convinti gli operatori dell'area Dipendenze della Caritas ambrosiana, autori di una ricerca qualitativa che, analizzando il lavoro di quindici comunità di recupero della diocesi di Milano, hanno individuato quattro diversi modelli in cui si sono evolute le tradizionali comunità di recupero. Il lavoro, intitolato "Isole nella corrente - Cosa resta oggi delle comunità per tossicodipendenti", realizzato in collaborazione le comunità milanesi A77, Cascina verde, Centro ambrosiano di solidarietà e Comunità del Giambellino, è stato presentato questa mattina presso la sede della Caritas ambrosiana.
"Siamo consapevoli che la lotta alla tossicodipendenza non si esaurisce nelle strutture residenziali, ma si articola in una serie di interventi diurni, di strada, ambulatoriali, di prevenzione -ha detto il direttore della Caritas ambrosiana, don Roberto Davanzo-. Siamo altresì consapevoli che la dimensione comunitaria della risposta al problema delle dipendenze sia un orizzonte obbligatorio. E' indubbio che il processo di recupero deve puntare a quella comunità (famigliare, sociale, civile) da cui le sostanze hanno allontanato. Se la droga ha finito per allontanare dalla città, è alla città intesa come pieno esercizio di diritti e di doveri che le comunità terapeutiche devono poter condurre". Il lavoro degli esperti dell'area Dipendenze, pubblicato nella collana dei Quaderni della Caritas ambrosiana, distingue quattro modelli di comunità di recupero esaminando, tra gli altri aspetti, il loro rapporto col territorio: comunità rigenerante, comunità come luogo di cura, 'comunità servizio tra altri servizi' e 'comunità nella comunità'.
La comunità rigenerante - "La comunità rigenerante -si legge nel lavoro- ha una forte impronta morale e spirituale, per la quale la tossicodipendenza ha tra le sue prime cause la mancanza di valori forti di riferimento a cui ispirarsi, coincidendo con una via di fuga da responsabilità e tappe di crescita che non vengono raggiunto". Un tipo di comunità "generalmente poco permeabile a possibili cambiamenti culturali a meno che essi non siano voluti e richiesti dall'autorità centrale", in genere lontana anche fisicamente dal centro cittadino.
La comunità "luogo di cura" - La comunità come luogo di cura, invece, è un luogo che "legge la tossicodipendenza coem l'epifenomeno di un forte disagio psichico e riconduce le cause della tossicodipendenza a un sapere prevalentemente medico/psichiatrico, fondato sulla netta distinzione di salute e malattia". In queste comunità si tende ad avere rapporti filtrati con il contesto territoriale: è un "luogo della parentesi", in qualche modo esterno ai normali contesti di vita della città.
La "comunità di servizio tra altri servizi" - In questi contesti la tossicodipendenza è "l'espressione di una sofferenza individuale e di malessere sociale diffuso, in una società che ha perso coesione e coerenza simbolica generando malattia, disagio mentale, sottoculture devianti, isolamento e solitudine". L'utilizzo delle sostanze è quindi interpretato in termini psicologici e psicosociali: l'eroina come sedativo della sofferenza, la cocaina come "integratore" per la fatica psicofisica. Queste comunità cercano collaboratori nel territorio e nei servizi che esso esprime, alla ricerca di sinergie progettuali.
La "comunità nella comunità" - In realtà di questo tipo la tossicodipendenza è vista come la "conseguenza sostanziale di forme di ingiustizia sociale", intesa prevalenetemente come un disarmonico accesso alle risorse economiche, culturali e sociali". Così la comunità diventa un luogo dove si lavora per permettere al singolo di riappropriarsi, psicologicamente e concretamente, della propria cittadinanza. In queste realtà, dove gli utenti sono considerati parte integrante del territorio e soggetti attivi portatori di diritti, il rapporto con il territorio è indispensabile.