Molti senzatetto dicono no all'accoglienza del Comune: "Pericoloso stare nelle stazioni della metro, ci rubano tutto e ci accoltellano". Tra loro tanti sfrattati. "Nelle strutture del Campidoglio puoi stare solo 15 giorni. Ma il freddo dura almeno due mesi".
Avvolti come cadaveri in lenzuoli e coperte. Stanno sdraiati stretti, l'uno vicino all'altro per cercare di farsi un po' di calore. Stesi sui gradini delle chiese, raggomitolati sull'uscio dei negozi delle vie dello shopping o raccolti a poche centinaia di metri dal colonnato di San Pietro. Per loro il Natale non è il periodo delle feste o dei regali, ma solo l'inizio della stagione più fredda. Con il termometro che scende sotto lo zero, sono centinaia i clochard che giovedì notte hanno scelto di non entrare nelle metropolitane, lasciate aperte per l'emergenza gelo, perché dicono "lì c'è gente più disperata di noi, lì rubano e ti accoltellano". E che, sempre per scelta, hanno detto no all'accoglienza nelle strutture, per giunta insufficienti, del Comune o delle associazioni di volontariato, il motivo rivelano è che "quindici giorni al caldo non risolvono una stagione di due mesi. È peggio perché poi dobbiamo tornare in strada con certi ritmi di sonno/veglia e se perdi l'abitudine sei fregato. Ti portano via tutto. Accettiamo l'accoglienza ma non l'elemosina di qualche giorno".
Sono italiani, europei, extracomunitari. Un "popolo" di disperati che passa la notte sui marciapiedi di Roma. Certo, c'è chi racconta di essere "inseguito dai servizi segreti" o "ricercato dalla mafia" ma molti parlano con estrema lucidità e profondo tormento della propria difficile sopravvivenza. Francesco, 50 anni, si rifugia tutte le sere in via Nazionale a due passi dagli alberghi di lusso e dalle boutique alla moda. È di Modena. "Per fortuna non ho né moglie né figli", dice con tono quasi consolatorio. Ha perso il lavoro. Fino ad un anno fa, faceva il manovale in un'azienda di ceramiche, una di quelle fabbriche del nord-est che sono state alla base del miracolo italiano ma che per la crisi hanno serrato i battenti cacciando via tutti. "I soldi sono finiti, ho deciso di venire a Roma perché qui l'inverno è più mite che al nord - spiega - Ma nelle metro è pericoloso, io ho le mie coperte, i giacchetti, qualche soldo. Lì sotto ti ammazzano per avere tutto questo. In via Nazionale si sta tranquilli, c'è passaggio. Ma io so quando dormire e quando stare sveglio. L'accoglienza di 15 giorni è inutile, serve solo a sfasare i nostri ritmi da "guerra urbana", il vero aiuto è ospitarci per due mesi, il periodo più difficile. Allora sì che tutti accetterebbero". Stella, 77 anni, invece legge "Così parlò Zarathustra" avvolta nella carta stagnola, sotto ha un paio di piumoni, sta davanti alla Galleria Colonna, a pochi metri da Palazzo Chigi. È stata sfrattata. Da quel giorno non ha più pace. E ora è lì impalata, davanti ai palazzi del potere, per chiedere almeno un materasso. "Mi deridono, ma a me non importa", ammette. Quello è il suo posto, da lì non si muove. Scrive i suoi messaggi e li attacca su un cavalletto. C'è scritto: "Comprava tutti e vinceva sempre", chissà a chi si riferisce. Poi c'è Daniel, 35 anni, romeno, sta in via Marsala con altre 20 persone. "Dalla metro mi cacciano sempre", sospira. Così giovedì notte non ci ha neanche provato. E ancora Andrea, 40 anni, napoletano con tre figli e una moglie che sta accovacciato a piazza Esquilino. È di poche parole, ha solo scelto di fuggire da una vita troppo difficile.