Nel campo nomadi di Rho oggi non si festeggia


Pubblicato il 13.09.2005 in News Sociale

Non ha raggiunto il quorum il referendum voluto dalla Lega nord a Rho per bloccare l’assegnazione di un terreno edificabile ai rom.

È troppa l’amarezza per un quartiere che non li vuole. Neppure in un villaggio solidale con casette ordinate e un giardino fiorito. Il referendum voluto dalla Lega nord per bloccare l’assegnazione di un terreno edificabile ai rom rhodensi non ha raggiunto il quorum. Si è fermato a quota 41, 8%: un elettore su sei si è astenuto. Ma la ferita è aperta: il 91% dei votanti sulla propria scheda ha tracciato una croce sul “no”. No al nuovo campo, no ai nomadi.

“È prevalsa l’ostilità, ma il risultato del referendum conforta le scelte dell’amministrazione comunale –commenta Maurizio Pagani, vice presidente di Opera nomadi, l’associazione che difende i diritti di rom e sinthi-. Il Comune è impegnato nella creazione di un villaggio solidale dal 1998. Il loro progetto quindi non è improvvisato”. E si realizzerà. Le famiglie di Rho dunque lasceranno roulotte e baracche per trasferirsi in via Magenta, località Lucernate. Entro due anni avranno una casa nuova e un certificato di residenza. “Il percorso intrapreso dal Comune di Rho rimane valido”, dice Maurizio Pagani. Che non nasconde le proprie perplessità. “Il villaggio solidale non è un modello innovativo. A Milano esiste dagli anni ’80: ne sono un esempio i campi di via Idro, via Negrotto e via Chiesa rossa –continua-. Occorre difendere quest’idea a livello pragmatico, ma i villaggi sono un’esperienza da superare”. Campi e villaggi, la differenza è difficile da spiegare. Forse è soltanto questione di parole. “Entrambi sono un modo per garantire la sicurezza dei cittadini. L’integrazione con il contesto sociale e urbano è tutt’altro”. Fatta eccezione per le aere degradate come via Triboniano, i campi che accolgono un numero limitato di persone funzionano. Rimane il problema politico. “Quando cambiano i partiti di governo, queste realtà sono depredate degli interventi a favore della scolarizzazione e dell’inserimento lavorativo -denuncia Pagani-. Da modelli positivi, a livello culturale e qualitativo, si trasformano in ghetti”. 

Le amministrazioni pubbliche finanziano le aree di sosta per i rom in cerca di spazi. Un gesto ‘generoso’ che rischia però di non avere futuro. “I comuni dovrebbero invece approvare politiche di riconversione delle aree già occupate dai rom –aggiunge il vice presidente di Opera nomadi- e creare delle agevolazioni per quanti di loro vogliono acquistare una appartamento, o pagare l’affitto di una casa popolare”.  Sono centinaia le famiglie sinthi, italiane e romene, che si sono trasferiti nei palazzi dell’Aler. “E’ un fenomeno nuovo che riguarda soprattutto il nord Italia. Non chiediamo case per tutti, ma soluzioni reali sì”.

 

Redattore Sociale


Autore: Eps