Nasce il ristorante «avanzi zero». La doggy bag promossa dagli chef


Pubblicato il 16.12.2010 in Progetti

L'ideatrice Cornelia Pelletta: come volontaria so quanto vale il cibo per chi non ce l'ha, noi ne buttiamo troppo come all'estero: un sacchetto per portare a casa il cibo non consumato. 

Negli Stati Uniti è semplicemente normale. Apri il frigorifero di casa, da New York a San Francisco, e li trovi: contenitori di carta con il manico, fra bottiglie di latte e yogurt. Hanno un nome buffo, doggy bag (letteralmente, borsa per il cane), ma il cibo che contengono non finisce nella ciotola. Sono gli avanzi di pranzi o cene ai ristoranti che gli americani siportano a casa. Un gesto anti-spreco compiuto in scioltezza. Come fece l'estate scorsa in Italia, suscitando mormorii, Michelle Obama. Trentasette miliardi di euro di cibo buono, invece, «volano» ogni anno nelle pattumiere delle famiglie italiane, senza contare quel che resta nei piatti al ristorante. Questo dato, raccolto dall'Università Bicocca, ha fatto scattare qualcosa di più dello stupore in Cornelia Pelletta, critico gastronomico di professione e volontaria dell'Associazione Cena dell'Amicizia, onlus che si occupa del reinserimento sociale dei senza fissa dimora.
«Stavamo facendo gli ordini del pesce», racconta. «Per una persona che vive ai margini, trovare a tavola del cibo pregiato come pesce o certi tagli di carne è importante. Al momento di controllare il conto mi è scattato un clic, e ho accarezzato l'idea di un progetto che aiutasse i milanesi a capire il valore vero del cibo». Lo staff della onlus vuole puntare sui comportamenti individuali e così si delinea la proposta di una doggy bag italiana. Davide Oldani e Pietro Leeman sono i primi due chef contattati: «Dal loro entusiasmo ho capito che potevamo continuare», dice Pelletta. Il progetto trova un nome, «Il Buono che avanza», un logo, un simpatico sacchetto che strizza l'occhio mentre si riempie di alimenti, e diventa la prima rete di ristoranti ad «avanzi zero». «I locali che aderiscono, ad oggi venti, espongono una locandina che racconta il progetto», spiega Massimo Acanfora, responsabile della comunicazione di Cena dell'Amicizia, «e i ristoratori si impegnano a proporre ai clienti un sacchetto per portare via quanto avanzato».
Dopo l'approvazione di cuochi e ristoratori, c'è attesa: come la prenderanno i milanesi? «Sono pronto a scommettere: piacerà anche alle signore-bene», dice l'imprenditore Mario Gorla, che da qualche anno sfida i camerieri chiedendo a fine pasto un tappo per portare via la bottiglia mezza piena. «È per motivi etici, ma non solo. Viaggio molto per lavoro e in Ungheria avevo visto le persone uscire dai ristoranti con bottiglie avvolte in carta stagnola», spiega. «Io consumo un solo bicchiere a pasto, ma chiedo sempre etichette di qualità, così ho iniziato a portarmi via la bottiglia. Sono contento se altri lo faranno». «Il Buono che avanza», che coinvolge anche Slow Food Milano, Legambiente Lombardia, Comieco, Epam e l'Assessorato alla Salute del Comune, è in progress. La prossima tappa anti-spreco affiancherebbe altre iniziative di successo: Banco Alimentare, Last Minute Market, Siticibo (che ritira cibo cotto e intatto dalle mense per distribuirlo alle associazioni). Con una caratteristica inedita: la filiera corta, cioè il passaggio diretto del cibo cucinato dal ristorante alla tavola bisognosa più vicina.


Autore: Marta Ghezzi
Fonte: Corriere della Sera