Gli ultimi dati ministeriali, senza contare il sommerso. Istituzioni spesso impreparate; costi dell'assistenza che gravano sui Comuni: il dossier Anci. Il Governo si impegna sulle risorse e annuncia modifiche alla Bossi-Fini.
È stato presentato oggi a Roma il primo rapporto organico sulla presenza e la condizione dei minori stranieri non accompagnati. Si tratta dei risultati di un dossier curato e pubblicato dall’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni italiani che ha distribuito 2396 questionari ai responsabili delle amministrazioni comunali. Al questionario ha risposto il 60 per cento dei Comuni italiani con più di 15 mila abitanti e il 27 per cento sotto i 15 mila. Tra questi 346 Comuni hanno dichiarato di aver preso in carico minori stranieri non accompagnati nel corso degli ultimi due anni. Dal rapporto dell’Anci risulta così che nel 2002 i ragazzi minori presi in carico dalle amministrazioni comunali erano 5663 e sono diventati 6455 nel 2003. Ma il fenomeno, dicono gli estensori del rapporto, è in grossa crescita, mentre sia dai dati pubblicati nel rapporto, sia dalle testimonianze dirette degli operatori che hanno partecipato oggi alla conferenza stampa di presentazione, risulta che l’età media di questi bambini è in netta diminuzione. Più minori soli in Italia, con età sempre più bassa. E le zone di provenienza sono ormai chiaramente individuate. Tre in particolare: Marocco, Albania e Romania.
I dati forniti dal rapporto dell’Anci si fermano comunque al 2003 perché sono il frutto della raccolta del questionario distribuito alle amministrazioni dei singoli comuni. Ci sono dati più aggiornati, quelli per esempio del Comitato minori che fa capo al Ministero del Welfare e che sono frutto di rilevazioni dirette sul territorio. Gli ultimi dati disponibili sono relativi al dicembre del 2005. Da questi risulta che in Italia ci sono 7583 minori stranieri non accompagnati, che provengono soprattutto dalla Romania (2616) dal Marocco (1408) e dall’Albania (1064), ma anche da molti altri paesi. Di questi la maggioranza è composta di maschi (81,54%) e la maggiore fascia di età rappresentata è quella intorno ai 17 anni. Alla Lombardia il primato delle presenze con 1479 minori non accompagnati, segue il Lazio con 1292 presenze e la Sicilia con 942.
Ma a parte i dati e i diversi sistemi di rilevazione, i problemi che determinano il fenomeno sono dunque molti e riguardano sia l’assistenza dei più piccoli, sia l’assistenza e la formazione dei più grandi, nella fascia tra i 15 e i 17 anni. Lo ha spiegato oggi Fabio Sturani, vicepresidente dell’Anci (in sostituzione di Domenici impegnato nella trattativa con il governo sulla legge finanziaria). Sturani ha detto che le risorse statali destinate a questo fenomeno in crescita dei minori stranieri non accompagnati sono tuttora molto al di sotto delle reali necessità. L’assistenza e la cura di questi bambini e di questi adolescenti stranieri è quindi quasi tutta sulle spalle delle amministrazioni comunali, che come è ovvio reagiscono in modo diverso da comune a comune. Ci vorrebbero invece soldi pubblici stanziati a livello nazionale. Secondo i calcoli dell’Anci, almeno 250-300 milioni di euro l’anno. Anche perché è necessario attivare al più presto una politica omogenea su tutto il territorio nazionale. Oltre alle differenti impostazioni e alla differente attenzione al fenomeno, si verifica infatti anche il cosiddetto “effetto calamita”. I minori, ma in generale gli immigrati tendono ad andare nei comuni che offrono più assistenza. Si verifica così il paradosso che i comuni più virtuosi sono anche i più oberati in termini di finanza.
D’accordo sulla necessità di creare politiche omogenee il sottosegretario all’Interno, Marcella Lucidi, secondo la quale si tratta di affrontare anche tutte le questioni collegate a questo fenomeno, a partire dai ricongiungimenti familiari e al soggiorno. “Questi bambini – ha detto Marcella Lucidi – devono avere gli stessi diritti dei nostri bambini italiani perché non solo sono nel nostro paese, ma anche perché sono portatori di diritti umani fondamentali, che non hanno confini”. La sottosegretaria ha anche focalizzato l’attenzione su un fatto statistico: nel 2003, secondo i risultati del rapporto dell’Anci, il 76 per cento dei minori stranieri presenti in Italia era nella fascia d’età che va dai 15 ai 17 anni. Nel corso degli anni di applicazione della Bossi-Fini, ha spiegato la Lucidi, non è stata incoraggiata la legalità, ma anzi è stato praticamente impedito ai ragazzi stranieri di quell’età di accedere a un reale percorso di integrazione. È necessario quindi, prima di ogni altra cosa, ripensare le norme generali sull’immigrazione, a partire dunque dalla Bossi-Fini.
Anche per il Ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, il punto centrale è la legislazione da cambiare. La Bossi-Fini ha prodotto paradossalmente illegalità. Si sono combattuti i clandestini, non la clandestinità.
Ma oltre alle questioni politiche generali, Ferrero insiste sulla necessità di attivare politiche omogenee e di stanziare le risorse che servono davvero. Da una parte la novità positiva è il fondo sociale che è stato confermato anche nella finanziaria. Per quel fondo, però, bisogna allargare le competenze e per far questo, sempre secondo il ministro Ferrero, è necessario coinvolgere anche gli altri ministeri competenti: l’Interno, la Gioventù in particolare. Bisogna poi creare una sintonia operativa con tutto i Terzo settore e le fondazioni. Una idea innovativa potrebbe per esempio essere quella di coinvolgere anche la nascente Fondazione per il sud che dovrebbe destinare una parte delle sue risorse al volontariato e quindi anche all’intervento a favore dei minori stranieri e in particolare dei minori soli. Altro possibile canale di finanziamento quello della Responsabilità sociale delle imprese.
Redattore Sociale