"Mi immagino parrocchie rumene ortodosse sparse in città. Per rispondere in maniera accogliente ai nuovi immigrati bisogna inventare strumenti e linguaggi nuovi. Trovarli è compito nostro". La proposta di don Gino Rigoldi farà discutere questa sera all'incontro in programma alla Festa dell'Unità a Milano. Don Gino di immigrazione se ne intende. Cappellano nel carcere minorile Beccaria, vede entrare e uscire dalle porte blindate soprattutto loro: la gente dell'Est. Lituani, rumeni, bulgari, ucraini. I minori detenuti nelle celle del beccaria sono 76, la metà di loro parla slavo. "I giovani sono i soggetti più allo sbaraglio. Arrivano in Italia e si credono a El Dorado –dice il sacerdote-. Proporre loro di vivere in strutture protette è inutile. Su 100 ragazzi che cerchiamo di sistemare negli istituti, abbiamo un fallimento del 100%". Un dato difficile da accettare per don Gino, impegnato da sempre a fianco degli emarginati. Di fronte all'insuccesso dei luoghi classici di accoglienza, nasce un'intuizione.
"Le parrocchie rumene diventerebbero luoghi di protagonismo sociale. Potrebbero essere gestiti da persone dell'Est – spiega il cappellano -. Il Patriarcato di Bucarest sarebbe disponibile a inviare dei giovani sacerdoti in Italia. In questo modo aumenterebbe la sensibilità sociale nei confronti dei nuovi arrivati. I sacerdoti manterrebbero vivi i contatti tra gli immigrati e potrebbero aiutare i loro connazionali a integrarsi". Terreni neutri dove trovare non solo un accompagnamento spirituale, ma anche assistenza legale e persone che parlano la propria lingua. Un ambiente per respirare aria di casa. "Per questa, come per le precedenti ondate migratorie ci sono dei beni essenziali da garantire: una casa, un lavoro dignitoso, degli spazi di relazione per vivere la cultura italiana, ma anche la propria – prosegue don Rigoldi -. I nuovi immigrati hanno una religione e una cultura più contigua alla nostra. La maggior parte di loro sono ortodossi, anche se il loro senso religioso è affogato negli anni del comunismo. Eppure con i giovani occorre dialogare in modo nuovo per favorire un passaggio alla normalità".
Soltanto nella giornata di ieri a Rho, un comune dell'hinterland milanese, sono stati fermati due quindicenni rumeni sorpresi a derubare soldi e capi firmati a coetanei italiani. "Non sono ragazzi cattivi. Dirlo significa tagliare ogni possibilità di dialogo. Ma hanno una cultura pre-morale – commenta don Gino Rigoldi -. Ogni mezzo per loro è lecito pur di raggiungere i propri obiettivi. Per questo la prostituzione diventa un modo per avere soldi facili e una bella macchina. Anche rispetto ai reati più gravi non riusciamo a farli sentire in colpa". Giovani senza etica. Il colpevole per don Gino Rigoldi ha un nome: Nicolae Ceausescu, dittatore della Romania fino al 1989. "Quando arrivò al potere abolì tutte le facoltà umanistiche. Prima tra tutte la filosofia. Sostituì il pensiero alla tecnica. Per questo i giovani vivono senza regole. Conoscono un'etica svuotata di ogni senso, dove l'unico principio è stabilito dal fare".
Redattore Sociale