La Legge di Stabilità, approvata in via definitiva dal Senato (Atti Senato, 2464) il 7 dicembre 2010, segna – numeri alla mano – la più pesante retrazione della spesa sociale degli ultimi anni.
Complici la congiuntura economica internazionale, le pressioni rigoriste – vere o presunte – dell’Unione Europea, il timore di una crisi di Governo, si è giunti ad una rapida approvazione sia della Legge di Stabilità che del Bilancio di previsione dello Stato, senza che vi fosse lo spazio politico per correggere alcune evidenti sperequazioni. Una norma all’insegna dei tagli: le riduzioni di spesa colpiscono anche e soprattutto la spesa sociale.
Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali
All’indomani dell’approvazione della Legge di Stabilità, moltissimi organi di informazione, cadendo in un grave svarione, hanno annunciato che il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali ha goduto di un finanziamento aggiuntivo di 200 milioni di euro. Facciamo un passo indietro. Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS), istituito inizialmente dalla Legge 449/1997 e ridefinito dalla Legge 328/2000, dovrebbe essere la fonte nazionale di finanziamento specifico degli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie, così come previsto dalla Legge quadro di riforma dell’assistenza (la Legge 328/2000, appunto). Il Fondo, nelle intenzioni, va a finanziare un sistema articolato di Piani Sociali Regionali e Piani Sociali di Zona che descrivono, per ciascun territorio, una rete integrata di servizi alla persona rivolti all’inclusione dei soggetti in difficoltà, o comunque all’innalzamento del livello di qualità della vita. Questo significa che gran parte del Fondo dovrebbe essere destinato alle Regioni che a loro volta lo direzionano agli enti locali: su questi fininziamenti si basano molti dei servizi erogati alle persone con disabilità (assistenza diretta e indiretta, progetti di vita indipendente, situazioni di emergenza ecc.).
Diritti soggettivi e serviziIn realtà, fino al 2009, non è stato così. Infatti, una parte significativa del Fondo veniva destinata all’INPS per il finanziamento degli “interventi costituenti diritti soggettivi” quali le agevolazioni ai genitori di persone con handicap grave (art. 33, Legge 104/1992), gli assegni ai nuclei familiari (art. 65, Legge 448/1998) gli assegni di maternità (art. 66, Legge 448/1998), le indennità a favore dei lavoratori affetti da talassemia major (art. 39, Legge 448/1998) ed altro. Quindi, ad esempio, dello stanziamento per il 2006, pari a 1.625 milioni di euro, solo 775 milioni sono andati alle Regioni. La cifra destinata alla Regioni è passata a 956 milioni di euro nel 2007, per scendere a 656 milioni nel 2008. La Legge 191/2009 (Finanziaria 2010) ha correttamente stabilito (all’art. 2, comma 103) che gli stanziamenti relativi ai diritti soggettivi che fino ad allora erano finanziati all’interno del Fondo per le Politiche Sociali, fossero “coperti” con specifici capitoli di spesa nello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Pertanto, dallo scorso anno, ciò che è destinato al Fondo viene redistribuito fra Regioni, Comuni (in minima parte) e Ministero (in parte residuale). Per il 2009, il finanziamento complessivo al Fondo per le Politiche Sociali è stato di circa 584 milioni (60 al Ministero, il resto alle Regioni). L’impegno per il 2010 scende ancora: 435 milioni complessivi da suddividere fra Regioni (380 milioni) e Ministero.
Fondo, Bilancio dello Stato e Legge di StabilitàE veniamo agli stanziamenti per il 2011 e gli anni a venire. Citiamo dettagliatamente le fonti per essere incontrovertibili. La decisione è stabilita nel “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2011 e per il triennio 2011-2013” e precisamente nella Tabella 4 – Bilancio di previsione Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Alla voce “Fondo da ripartire per le Politiche Sociali” l’importo proposto per il 2011 è di 75 milioni di euro, 69 milioni per il 2012, 44 per il 2013. Passando invece alla Legge di stabilità approvata, lo stanziamento esatto per il 2011 è indicato nella Tabella C: 73,8 milioni per il 2011. Questa è la cifra consolidata da tenere in considerazione. In sede di discussione ed approvazione della Legge, l’articolo 1, comma 38, ha previsto: “Per l’anno 2011, lo stanziamento del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all’articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, è incrementato di 200 milioni di euro.”. L’incremento ovviamente si riferisce alla Tabella C: la cifra finale che costituisce il Fondo per le Politiche Sociali è, conseguentemente, di 273,8 milioni per il 2011, 69 milioni per il 2012, 44 per il 2013. Se nel 2010 lo stanziamento era di 435 milioni e per il 2011 di 273,8 milioni, nessuno può sostenere – onestamente – che ci sia stato un finanziamento aggiuntivo di 200 milioni.
Altri tagli
Non può certo consolare la constatazione che questo non sia stato l’unico fondo tagliato. Hanno subito tagli anche:
- il Fondo per le politiche della famiglia (2010: 185,3 – 2011: 51,5);
- il Fondo per le politiche giovanili (2010: 94,1 – 2011: 12,8);
- il Fondo per l’infanzia e l’adolescenza (2010: 40 – 2011: 39,2);il Fondo per il servizio civile (2010: 170,3 – 2011: 110,9).
Sorte ancora più grama tocca al al Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati, già privo di finanziamento dal 2009. Ed infine viene azzerato il finanziamento del Fondo per la non autosufficienza, per il quale erano stati "strappati", nel 2010, 400 milioni di euro.
Chiaramente, in questo quadro di tagli che incidono direttamente sui servizi alla persona, la restrizione del 5 per mille al no-profit appare come una questione non prioritaria, anche se ha sollevato le più forti proteste.
Il 5 per milleLa Legge 296/2006 (art. 1, comma 1234) ha previsto la possibilità per il contribuente di versare il 5 per mille dell’imposta dovuta all’erario a sostegno di alcune associazioni no profit, ma anche di enti della ricerca scientifica e dell’università e di enti della ricerca sanitaria. Successivamente l’opportunità è stata estesa anche alle associazioni di promozione sportiva. Va quindi ridimensionata la diffusa convinzione che il 5 per mille finisca solo al volontariato “puro”. Anzi, è in larga misura destinato ad altri soggetti, la cui attività nessuno discute, ma che poco hanno a che fare con il volontariato come comunemente lo si intende. Prendiamo l’ultimo anno utile di distribuzione del 5 per mille e cioè il 2008.
- Destinazioni al volontariato: 265.854.389 euro da dividere fra 25.596 organizzazioni ammesse. Media: 10.386 euro.
- Destinazioni alla ricerca scientifica: 63.079.618 euro, da dividere fra 333 enti ammessi. Media: 189.428 euro.
- Destinazioni alla ricerca sanitaria: 65.935.828 euro, da dividere fra 90 enti ammessi. Media: 732.620 euro.
Venendo ai “tagli” introdotti dalla Legge di Stabilità, bisogna premettere un altro aspetto. Secondo la convinzione comune, quel meccanismo riserva l’intero 5 per mille delle imposte dovute allo Stato ad associazioni no profit (autorizzate dall’Agenzia delle Entrate). Non è così. In realtà il Legislatore ha posto un limite a questo trasferimento: 400 milioni di euro l’anno come ultimo limite. Questo significa che non è vero che l’intero 5 per mille delle imposte va al no profit. Quindi la volontà dei contribuenti è solo in parte rispettata Da quest’anno il Legislatore ha abbassato ulteriormente il limite di 400 milioni a 100 milioni, con l’evidente conseguenza che le destinazioni “attese” saranno proporzionalmente ridimensionate di almeno un quarto. (...)