Il caso delle "donne senza voce", che arrivano come 'mogli' nel nostro come in altri Paesi ricchi, che non conoscono la lingua, che sono in casa senza comunicare con nessuno e che, se vittime di abusi, non sporgono denuncia per paura.
Ma le storie delle donne migranti parlano spesso di discriminazioni, di abusi, di schiavitù, di codici maschili e patriarcali atavici, non legati alla religione ma alla cultura, che svuotano la persona di una propria identità. E´ il caso delle donne senza voce ("Chiuse in casa lontano da casa") che arrivano come ´mogli´ nel nostro come in altri Paesi ricchi, che non conoscono la lingua, che sono in casa senza vedere e comunicare con nessuno, che, se vittime di abusi da parte di un familiare non sporgono nessuna denuncia perché altrimenti, decadendo il loro status di ´moglie´ che è servito faticosamente per il ricongiungimento familiare, decadrebbe la loro possibilità di stare sul territorio. "La Svezia e altri stati dell´Europa del Nord stanno adeguando la legislazione – è stato spiegato da Claudia Galimberti -, chi denuncia può restare anche se non più moglie". È il caso delle collaboratrici domestiche nel Sud Est asiatico ricco, "totalmente segregate"; è il caso anche di tante storie quotidiane in Italia, dove la scarsa conoscenza della lingua unita a lavori di cura senza sosta, chiuse in casa, generano anche gravi disagi psicologici, per i quali sempre più di frequente sono interpellati centri di salute mentale dei territori.
La tratta delle donne. Secondo l'Oil, Organizzazione internazionale del lavoro, ogni anno sono tra 600 e 800mila le vittime di tratta da un paese all'altro: l'80 per cento di queste sono donne e bambine. Costrette alla prostituzione, al lavoro domestico o di altro tipo in condizioni di sfruttamento. Tra le attività illecite, il traffico di esseri umani è oggi terzo per volume di profitti, dopo la droga e il contrabbando di armi, con un giro di affari annuo tra i 7 e i 12 miliardi di dollari. Sono cifre, tuttavia, che riflettono solo i profitti realizzati con la vendita iniziale delle persone: secondo l´Oil, giunte nel Paese di destinazione le organizzazioni criminali rastrellano altri 32 miliardi annui, per lo più nei Paesi avanzati e per un terzo in Asia. Le donne che cercano disperatamente un lavoro sono facile preda dei trafficanti. "Continuerà, tutto questo, finché la comunità internazionale non farà interventi veri di riduzione della povertà", ha detto Carlo Reitano, direttore del settore Bilancio dell´Unfpa. Il quale - oltre ad aver ribadito insieme alla presidente di Aidos Daniela Colombo il fatto che ad oggi solo 34 dei 191 Paesi membri dell´Onu hanno ratificato la "Convenzione sui diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie", adottata nel 1990 – si è appellato al governo italiano perché la cooperazione internazione sia messa in grado di lavorare (l´Italia è al 17mo posto tra i sostenitori dell´Unfpa, sta per essere sorpassata dalla Cina). Appello raccolto dalla vice-ministra agli Affari esteri con delega alla cooperazione Patrizia Sentinelli, che ha ribadito l´impegno in Parlamento affinché nella prossima Finanziaria il fondo per la cooperazione sia adeguato.
Delitti del disonore. Il rapporto non manca di fare luce sul pregiudizio, padre della violenza, di cui sono vittime le donne migranti. Inevitabile pensare ai fatti di cronaca di queste settimane, dalla morte di Hina, pakistana, a Kaur, la giovane indiana suicida perché costretta alle nozze col cognato settantenne. Se, come ha detto Sentinelli, bisogna guardare e saper leggere il contesto in cui avvengono tali tragedie e non fermarsi allo sconcerto, un capitolo del rapporto è dedicato ai "Delitti del disonore": "Pratiche socialmente legittimate che consentono a un uomo di uccidere, stuprare o infliggere violenza di altro genere a una parente o partner per un comportamento 'immorale' presunto o accettato o solo che sfida l´autorità maschile.
Nel 2003 l´Assemblea del Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che invita tutti gli stati membri a "emendare le legislazioni nazionali dul diritto d´asilo e sull´immigrazione per garantire che le donne ottengano permessi di soggiorno e/o di asilo se minacciate dai cosiddetti delitti d´onore". In Svezia è in atto un sistema operativo nei settore dell´Istruzione, delle autorità governative, delle ong e dei centri di orientamento per immigrati per lavorare sulla protezione e prevenzione. Solo nel 2001 nel Paese sono state 200 le ragazze che hanno contattato i servizi sociali o altre organizzazioni per salvarsi da violenze legate all´onore.
Redattore Sociale