La vita e le sue storie: storie di homeless


Pubblicato il 14.04.2015 in News Sociale


Molti si affollano nei pressi dei binari dei treni. Alcuni trovano un rifugio per la notte nelle rientranze dei negozi del centro città. Pochi sono ospiti dei dormitori. Gli homeless, i senzatetto, sono persone a cui è andata male. Chi ha perso il lavoro, chi è rimasto orfano, chi chiede asilo politico scappando dal proprio paese di origine: queste le testimonianze raccolte dall’Onds nel 2013

Dietro ogni uomo, donna, ragazzo, anziano, c’è sempre una storia, spesso difficile da confidare a un estraneo.

Milano – STORIA DI K. E P. E DELL’IMPORTANZA DELL’ACCOGLIENZA
K. è un cittadino congolese. Si trova nella condizione di senza dimora da 5 anni circa. Inserito in una struttura di accoglienza (dormitorio), viene preso in carico dagli assistenti sociali. All’interno del dormitorio, instaura delle relazioni significative con gli operatori sociali della struttura. Inizia, così, a prestare servizio presso il centro: sistema la propria camera e le camere altrui. Viene assunto per un periodo di prova in qualità di addetto alle pulizie presso il centro di accoglienza. Successivamente, in maniera autonoma, trova lavoro come addetto alle pulizie presso un’agenzia interinale: ottenuto un contratto a tempo determinato, presenta i requisiti per un trasferimento agli appartamenti “Verso l’autonomia”, dove è stato accolto nel marzo 2014.

P., cittadina italiana orfana, vive per le strade milanesi da 10 anni. Si presentava al CASC per richiedere assistenza nei bisogni primari. Le condizioni igieniche erano molto trascurate, la situazione sanitaria poco chiara e poco definite le esperienze di detenzione. P. sembrava “ostile” al racconto di sé e della propria vicenda. Una lunga relazione di aiuto con un’operatrice dell’Help Center ha favorito la presa in carico di P., la quale ha accettato di essere seguita. Accolta inizialmente in un centro di accoglienza, ha accettato l’inserimento presso un centro diurno, in cui ha iniziato ad attivarsi per prendersi carico di se stessa. Precisa nella cura personale, ha iniziato a chiedere il supporto medico per riprendere le cure abbandonate diversi anni fa. A questo punto, P. richiede un trasferimento dal dormitorio ad una casa famiglia, dove trova accoglienza nel marzo 2014. Inizia, così, una ricerca attiva del lavoro, e frequenta un corso professionale di fotografia in cui prova piacere ed interesse a raccontare la sua vita per la strada.

In alcune stazioni ferroviarie italiane (ad oggi 15) esistono gli Help Center, centri di ascolto e orientamento che supportano le persone in difficoltà. Tra queste, non solo più immigrati, bensì numerosi italiani “calpestati” dalla crisi economica, nella quale la mancanza di occupazione si fa sentire con prepotenza. Gli operatori di questi centri aiutano gli utenti fornendo loro assistenza e, in collaborazione con una rete di servizi, nella ricerca di una casa, o di un corso di studi.

Non mancano, inoltre, associazioni che si occupano del fenomeno, sempre più crescente, e che porta, nella maggior parte dei casi, all’emarginazione.
Per cercare di non far sentire solo chi si trova a vivere in strada, sorgono in tutto il mondo iniziative solidali. In America, soprattutto Stati Uniti e Canada, in Australia e in Inghilterra, è arrivato il passaparola delle sciarpe lasciate su alberi, cancelli e grate, da un gruppo di volontari “Chase the chill in Winnipeg”, sull’idea dell’americana Susan Huxley, un’esperta di cucito. Chi ha freddo può scaldarsi con una delle sciarpe fatte a mano, mentre quelle che rimangono sono donate in beneficienza.
In Italia è stata creata una pagina facebook “Senzatetto Italia”, quale punto di aggregazione per chi versa in questa condizione, dal momento che presso i centri diurni e le biblioteche è possibile usufruire in modo gratuito dei computer e quindi di Internet, ma anche per tutti coloro che possono diffondere informazioni di diversa natura al riguardo, per i volontari e le associazioni.
E proprio su questa pagina si dà notizia di una proposta di legge sul Reddito Minimo o di Cittadinanza, citando dati Istat secondo cui, dal 2008 al 2014, la crisi in Italia e in Europa ha più che raddoppiato i numeri di povertà relativa e assoluta, povertà che ha, tra le conseguenze, il ritrovarsi a vagabondare per strada.
Il Reddito Minimo o di Cittadinanza, è un supporto al reddito che garantisce una rete di sicurezza per chi non riesce a trovare un lavoro, per chi ha un lavoro che però non garantisce una vita dignitosa, per chi non può accedere a sistemi di sicurezza sociale adeguati.
Il Reddito Minimo o di Cittadinanza, è una misura necessaria per invertire la rotta della crisi, una risposta concreta ed efficace a povertà e mafie perché garantisce uno standard minimo di vita per coloro che non hanno adeguati strumenti di supporto economico, liberandoli da ricatti e soprusi. È una misura prevista già da tutti i paesi europei, con l’esclusione di Italia, Grecia e Bulgaria. Il Parlamento Europeo ci chiede dal 16 ottobre 2010 di varare una legge che introduca un “reddito minimo, nella lotta contro la povertà e nella promozione di una società inclusiva”. Sono passati cinque anni e nulla è successo.


Autore: Simona Cocola
Fonte: #foolishbrain