La strage continua: ad agosto 243 morti alle frontiere dell'Europa


Pubblicato il 03.09.2007 in News Sociale

È il mese peggiore del 2007, anno che ha visto morire 959 migranti, la maggior parte tra Malta e Lampedusa. Nel Canale di Sicilia 161 vittime nell'ultimo mese; 29 nell'Egeo e 13 sulle rotte per le Canarie.

La strage continua. Ad agosto 243 morti alle frontiere dell'Europa. Il mese peggiore di un anno, il 2007, che ha già visto morire 959 migranti, la maggior parte tra Malta e Lampedusa. Nel Canale di Sicilia le vittime dell’ultimo mese sono 161; 29 nel mar Egeo e 13 sulle rotte per le isole Canarie. Due uomini sono rimasti uccisi, in Turchia, nel camion su cui viaggiavano nascosti verso la Grecia, e la stessa fine ha fatto un giovane investito dal camion sotto cui si era nascosto, nel porto di Algeciras, in Spagna. Morto un ventottenne albanese sui valichi del Carso, mentre tentava di superare la frontiera italiana a piedi. Ma la Fortezza Europa fa vittime anche nell’Oceano Indiano, dove, per raggiungere l’isola francese di Mayotte, ad agosto sono annegati in 36; otto erano bambini. I nuovi dati del rapporto mensile di Fortress Europe, in anteprima per Redattore sociale: dal 1988, almeno 9.756 morti sulle rotte dell’immigrazione.

Undici agosto 2007. La nave da crociera spagnola Jules Verne, soccorre 60 miglia a sud di Malta un gruppo di migranti finiti in mare con la barca capovolta dalle onde. Undici dispersi. Quindici agosto 2007. L’aereo Atlantic avvista 14 cadaveri in mezzo alle onde, 55 miglia a sud di Lampedusa. Nessuna traccia dell’imbarcazione. Ventitré agosto 2007. Il peschereccio Ofelia, di Mazzara del Vallo, soccorre un uomo in mare, 70 miglia a sud di Lampedusa, unico superstite di un naufragio costato la vita a 45 persone, tra cui una donna. Trenta agosto 2007. Un rimorchiatore greco soccorre dei migranti 72 miglia a sud di Malta. La barca si rovescia durante l’abbordaggio. Annegano in 25, tra cui 4 donne. Ufficialmente né l’Italia né Malta hanno mai dichiarato guerra alla Tunisia o alla Libia. Eppure nello stretto di Sicilia in dieci anni sono morte almeno 2.420 persone. Ad Agosto il mare si è ingoiato la vita di almeno 161 giovani uomini e donne. Il 2007 si conferma l’anno più tragico per le rotte siciliane: 491 morti in otto mesi. Erano stati 302 in tutto il 2006. Eppure gli sbarchi sono diminuiti del 30% in un anno. Lo dice il Ministero degli interni. Ma allora perché aumentano i morti? I motivi sono quattro. Barche più piccole e meno sicure, niente più scafisti, rotte più lunghe, e mancato soccorso.

Nel 2005 viaggiavano in media 101 persone a bordo di ogni nave diretta in Sicilia. Nel 2006 erano 53 e nel 2007 sono 41. E i racconti di chi sbarca confermano la scomparsa della figura dello scafista. Al timone siede a caso uno dei passeggeri, a volte ci si dà il cambio. Gli organizzatori risparmiano e ad essere arrestati sono i migranti, che una volta usciti dal carcere non hanno più possibilità di regolarizzarsi, come succederà ad esempio ai tre eritrei arrestati il 2 agosto scorso perché pilotavano la barca su cui essi stessi viaggiavano. Ma c’è anche un altro punto: le rotte stanno cambiando. Sono più lunghe e passano più ad est. Lo confermano l’aumento degli sbarchi a Malta e sulle coste ragusane e siracusane. Il motivo è presto detto. Evitare i pattugliamenti tunisini che si incontrano risalendo la costa tunisina per poi fare rotta sulle Pelagie. A luglio Fortress Europe denunciava il respingimento in mare dei migranti accusati di aver dirottato un peschereccio tunisino e riportati in Tunisia per poi essere espulsi in Libia. Il comandante della nave Vega della Marina, Francesco Saladino, ha recentemente dichiarato che lo scorso 8 agosto una motovedetta tunisina Combattante soccorreva 34 miglia a sud di Lampedusa un’imbarcazione di migranti in difficoltà e li riaccompagnava verso le coste tunisine. Fra l’altro contravvenendo alle convenzioni del salvataggio in mare che indicano l’obbligo di ricondurre i naufraghi nel porto più sicuro, che in quel caso era Lampedusa, vista la distanza e visto che nello Stretto viaggiano molti richiedenti asilo politico, che una volta in Tunisia non hanno altra prospettiva se non l’espulsione in Libia, da dove a loro volta rischiano mesi di detenzione in condizioni disumane e addirittura l’espulsione nei Paesi di origine o l’abbandono i pieno deserto alla frontiera sud del Paese.

L’Italia collabora con la Tunisia per coordinare il soccorso in mare dei migranti. Ma nulla si sa sulla fine che facciano i migranti soccorsi dai tunisini, e in particolare i richiedenti asilo, la cui espulsione è vietata dalla Convenzione di Ginevra, dalla Convenzione contro la tortura e dalla Carta europea dei diritti umani. Intanto il 10 settembre dovrebbe ripartire nel Canale di Sicilia la missione di pattugliamento congiunto aero-navale Nautilus di Frontex, sospesa lo scorso 27 luglio dopo un mese di attività. Bruxelles spera in un coinvolgimento della Libia. E in Libia intanto, continuano ad essere detenuti gli eritrei di Misratah. Testimonianze raccolte tra gli eritrei sbarcati in Sicilia e confermate dall’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (Acnur) di Tripoli, parlano addirittura di nuovi arresti. Seicento persone detenute in tutto. Di cui 450 in carcere da oltre un anno. Oltre 100 donne e 8 bambini, di cui 2 nati dietro le sbarre. Rischiano tutti l’espulsione e quindi gravi condanne una volta consegnati ad Asmara, in quanto disertori delle forze armate di un paese, l’Eritrea, in guerra con l’Etiopia. L’Acnur ha riconosciuto l’asilo politico a 49 delle donne detenute, con i rispettivi bambini, e sta facendo pressione sulla comunità internazionale per un resettlement delle donne. Quattro Paesi hanno finora risposto, tra cui, interessante novità, l’Italia. Ma nessuno sa cosa sarà degli altri 550 eritrei, ormai prossimi all’espulsione. 
 

Redatore Sociale


Autore: gdg