Evitata anche la parola ''extracomunitario'', tranne quando sia essenziale per chiarire aspetti tecnici. I direttori, Trasatti e Pace: ''Scelta di rispetto della dignità delle persone straniere. Ogni giornalista faccia la sua parte''.
Da oggi i lanci pubblicati quotidianamente nel notiziario Dires – frutto della collaborazione tra l’agenzia Dire (Canale Welfare) e l’agenzia Redattore Sociale – non contengono più la parola “clandestino” riferita a persone immigrate. Faranno eccezione solo le eventuali dichiarazioni contenute in comunicati stampa e riportate tra virgolette. Anche nella trascrizione delle interviste e delle dichiarazioni raccolte la parola "clandestino" è evitata, a meno che essa non sia ritenuta indispensabile-opportuna per chiarire il pensiero dell'intervistato o per riprodurre fedelmente il linguaggio dello stesso.
Al posto di "clandestino" verranno usati di volta in volta i termini più adeguati al contesto delle singole notizie, come irregolare, migrante, immigrato, rifugiato, richiedente asilo, persona, cittadino, lavoratore, giovane, donna, uomo, ecc...
Viene inoltre evitata la parola "extracomunitario", tranne in quei rari casi in cui sia essenziale per chiarire aspetti tecnico-giuridici.
L’annuncio viene dato dalle due agenzie stampa a poco più di un anno da quel 25 ottobre 2007 in cui la loro inedita partnership diede vita al notiziario quotidiano nazionale più completo sui temi del welfare e del disagio sociale, sulle attività del non profit, sul mondo della scuola, del lavoro, della sanità.
L’iniziativa del notiziario DiReS è maturata anche in seguito all’appello lanciato alcune settimane fa dal gruppo “Giornalisti contro il razzismo”.
“Oltre a essere impropria, la parola ‘clandestino’ ha sempre più assunto nell’immaginario collettivo un’accezione offensiva e spesso criminalizzante, che rischia di estendersi a tutta la popolazione immigrata” - afferma il direttore di Redattore Sociale, Stefano Trasatti -. Eliminare questa parola dal nostro notiziario ci sembra una scelta doverosa e di rispetto della dignità delle persone straniere. Sia di coloro che, pur vivendo in Italia da tempo, per qualche motivo non sono in regola con il permesso di soggiorno, sia soprattutto di tutti quelli che, provenienti da storie di estrema povertà, hanno affrontato viaggi drammatici per arrivare nel nostro paese”.
“L’uso di un linguaggio corretto – aggiunge il direttore di Dire, Giuseppe Pace – è sempre importante per un’agenzia di stampa, ma lo è ancora di più quando si trattano fenomeni, come l’immigrazione, su cui è facile alimentare paura, xenofobia e razzismo. Ogni giornalista in questo dovrebbe fare la propria parte”.
Fonte: Redattore Sociale