La manifestazione degli operatori sociali


Pubblicato il 26.04.2011 in News Sociale

La manifestazione degli operatori sociali

 
Domani sarà la giornata della protesta degli addetti al settore dell'assistenza nel volontariato. Sono previste mobilitazioni a Roma, Napoli, Genova e in altre città con sit in di fronte alle diverse Prefetture. "In Calabria la spesa per abitante è nove volte inferiore a quella di Trento". Insomma, "I welfare non è un lusso", come invece questo governo mostra di credere con i tagli al sostegno sociale

Una montagna di mutande vecchie da consegnare al ministro Tremonti e al presidente Berlusconi e altrettanti "cesti di fichi secchi" da portare in dono ai candidati sindaco del Comune di Napoli, cioè a tutti coloro che "hanno lasciato in mutande non solo gli operatori sociali, ma anche migliaia di anziani, disabili, bambini, immigrati, rimasti privi di assistenza".


La mobilitazione generale. Domani a Roma, Napoli e Genova se ne vedranno delle belle. Per la prima manifestazione unitaria nazionale del terzo settore, gli operatori sociali gridano alla "mobilitazione generale, meridionalista, nazionale ed europea in vista di un nuovo storico conflitto" e promettono di combinarne di cotte e di crude. Il corteo era stato annunciato a febbraio. Quando ancora l'Istat non aveva diffuso i dati sulla spesa sociale in Italia. Secondo l'Istituto statistico, "nel 2008 i Comuni, in forma singola o associata, hanno destinato agli interventi e ai servizi sociali 6 miliardi e 662 milioni di euro, un valore pari allo 0,42% del Pil nazionale". Rispetto all'anno precedente la spesa sociale gestita a livello locale è aumentata del 4,1% ma l'incremento è di soli 8 euro a persona se calcolato a prezzi costanti.

Dov'è il problema. In Calabria la spesa per abitante è nove volte inferiore a quella di Trento. La spesa pro-capite che finanzia interventi di assistenza e sostegno sociale, va dai circa 33 euro della Campania ai 344 euro della Valle d'Aosta e continua ad essere molto più bassa al Sud, nonostante da otto anni il Mezzogiorno cresca meno del Centro-Nord e la povertà diffusa coinvolga quasi il 23% delle famiglie. Dunque se già di per sé l'investimento nazionale sul settore è trascurabile, la complessiva fruizione dei diritti sociali, soprattutto in Campania, apre una vera e propria nuova questione meridionale.

Il welfare non è un lusso. Non è bastato bloccare le strade, salire sulle torri, scalare il Maschio Angioino, condurre scioperi della fame "per difendere il diritto di tutti ad essere curati" ed occupare, da sei mesi a questa parte, tutto ciò che c'era da occupare, compreso il Comune di Napoli. Nessuno li ha ascoltati. Domani, contro questo "Stato che batte in ritirata, lascia completamente sole le persone e le famiglie, con l'incredibile riduzione delle risorse dei fondi nazionali per le politiche sociali", il Terzo settore torna alla carica con una piattaforma composta di tre semplici richieste al governo e alle amministrazioni locali: "Rinunciare ai tagli alla spesa sociale, ripristinare le risorse economiche del Fondo Nazionale e del Fondo per la non autosufficienza e definire i livelli essenziali di assistenza, introducendo misure di contrasto alla povertà". Tutto qui. Pochi punti. Sempre quelli, da oltre sei mesi. Per soddisfarli, basterebbe rispettare un "rigoroso federalismo solidale e fare del welfare come volano dello sviluppo. Un welfare che si basi sull'integrazione dell'intervento fra il sistema pubblico e le organizzazioni no profit, nel rispetto reciproco dei diversi ruoli, nel riconoscimento della dignità del lavoro sociale".

"Non prendiamo lo stipendio". Come se non bastasse, alla spinosa questione "meridionale", se ne aggiunge anche un'altra. "Non prendiamo lo stipendio da alcuni mesi (anche sei-sette mesi) e gli enti pubblici - si legge in una nota diffusa dagli operatori sociali - hanno ritardi insostenibili dei pagamenti a fronte di servizi già erogati (anche di 24 mesi e non i 60 giorni delle direttive europee)". E poi ci si mette anche la pressione fiscale, "troppo rigida sul terzo settore" a tal punto da "annullare ogni possibilità di reggere un contratto di lavoro se la sussidiarietà pubblica non viene garantita da un flusso regolare di risorse. La forbice fra i tempi rigidi e certi delle contribuzioni fiscali e quelli della liquidazione dei servizi prestati e rendicontati è sempre più ampia ed insostenibile".

I vari Sit In.
Mercoledì molti saranno i sit in di protesta organizzati davanti alle prefetture di altre città italiane, oltre che a Roma, Napoli e Gernova. Protagonisti delle manifestazioni, dal Cnca Lazio alle imprese sociali "Città Visibile", dal Coordinamento degli enti infanzia e adolescenza ad Action Diritti, all'Arci Solidarietà al Roma Social Club, assieme a tante altre organizzazioni, compreso il Forum Terzo Settore. In testa ai cortei, assieme a Roma Social Pride, al cartello di associazioni I Diritti alzano la voce e ad altri network sociali, il sempre presente comitato "Il welfare non è un lusso" che, da coordinamento napoletano, è diventato movimento nazionale con oltre 200 organizzazioni. La manifestazione a Napoli partirà alle 9.30 da piazza Dante, attraverserà via Toledo per arrivare a piazza del Plebiscito, dove sarà assemblata una montagna di mutande vecchie da consegnare al ministro Tremonti e al presidente Berlusconi. A Roma l'appuntamento è per le 10.30 sulla scalinata del Campidoglio. Per Genova la partenza è da piazza De Ferrari.  

Investimenti, non la carità.
Per dire che in Italia invece di "investire sulle politiche sociali, raggiungere obiettivi di coesione e di inclusione sociale, di sicurezza, salute, di promozione della legalità e della qualità della vita dei cittadini, ci si limita ad un puro assistenzialismo caritatevole". Ed ecco la proposta lanciata dal Terzo settore: procedere ad una seria riforma strutturale delle politiche pubbliche che ponga come obiettivo una quota capitaria del sociale come condizione strutturale irrinunciabile dei sistemi di welfare comunitari, nazionali e locali. Il welfare come obbligo, dunque. Come la scuola dell'obbligo, come l'obbligo al soccorso. Non come un lusso né come un gesto di carità. Come un diritto piuttosto.


Autore: Giulia Cerino
Fonte: LaRepubblica.it