Fabrizio Torella, responsabile Attività Sociali d’ Impresa del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, spiega l'impegno di Fs contro la ludopatia: spot sui treni con lo slogan "Più giochi, più perdi" e non saranno più rinnovati i contratti degli esercizi commerciali con le slot
L’azzardo come problema di Csr è un concetto che riesce a correre sui binari. Ferrovie dello Stato, infatti, è tra le società che hanno dimostrato maggiore sensibilità e consapevolezza sulla tematica della ludopatia, reputandola materia imprescindibile dalle sue politiche di Responsabilità sociale. Il 7 ottobre, in Bocconi durante il Salone della Csr, Ferrovie dello Stato ha partecipato al sondaggio legato alla crowdinchiesta “La tassa sociale dell’azzardo” promossa da ETicaNews con il sostegno di Unipol. L’obiettivo del sondaggio è stato quello di indagare sulle modalità in cui la ludopatia rientra nelle pratiche di Csr delle aziende presenti all’evento.
Fabrizio Torella ha spiegato la campagna di sensibilizzazione “Mettiamoci in gioco”, realizzata in collaborazione con Don Armando Zappolini, avviata ufficialmente lo scorso 9 novembre. Il manifesto politico della campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo prevede non solo la presa di coscienza che la ludopatia è una vera e propria dipendenza, ma anche interventi concreti negli spazi FS Italiane, con l’eliminazione o quanto meno la riduzione delle slot machine.
L’azienda Ferrovie dello Stato considera la ludopatia un problema socio-economico?
Assolutamente sì. È un problema grave e un'azienda come FS Italiane non può non farsene carico. Credo però che il termine “ludopatia” sia troppo edulcorato. L’azzardo infatti è una vera e propria dipendenza e con tale nome deve esser definita.
Da dove nasce questa sensibilità al problema?
Molte nostre stazioni diventano spesso il rifugio di chi in questo disagio ci vive. Molte persone senza dimora lo sono diventati a causa di questa dipendenza, e molti continuano a giocare anche dopo. In campo non c’è solo la reputazione e l’immagine dell’azienda, ma anche la sicurezza dei passeggeri e di chi in FS lavora e la salute di chi vive queste dipendenze.
Esiste un impegno dell’azienda su questo fronte?
Tra il 9 e il 15 novembre è partita l’ iniziativa “Mettiamoci in gioco”, in collaborazione e con il sostegno di Don Armando Zappolini.
Un’allenza strana: le Ferrovie con un uomo di Chiesa. Come nasce questa sinergia?
In verità collaboriamo da decenni con tanti “uomini di Chiesa”, molti dei quali impegnati in prima persona nell’affrontare i temi del disagio sociale, della povertà, dei flussi migratori nelle stazioni. L’iniziativa di cui stiamo parlando nasce dalla collaborazione tra Don Armando e il nostro centro polivalente Binario 95, gestito dalla cooperativa sociale Europe Consulting, che ospita persone senza dimora che gravano sull’area di Roma Termini. L’obiettivo di questo centro è contrastare l’esclusione sociale e il disagio che popola le stazioni, e permettere a queste persone di essere inserite in programmi di risocializzazione. Lì viene redatto un giornale di strada dalle stesse persone senza dimora che si chiama “Shaker”, che già tempo fa ha ospitato una campagna contro il gioco d’azzardo.
Grazie, dunque, a Don Armando. Ma lo Stato?
Su questo non posso che riprendere le parole del ministro Graziano Delrio, presente alla conferenza stampa di lancio della campagna Mettiamoci in Gioco, che ha rimarcato il fatto che “il Governo sta adottando provvedimenti per norme più stringenti nei confronti del gioco d’azzardo ed è al fianco di questa iniziativa”. Speriamo di vederne presto i frutti, proprio perché sono i più deboli i più esposti.
Come si sviluppa “Mettiamoci in Gioco”?
Nella settimana dal 9 al 15 novembre il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e la Campagna Mettiamoci in Gioco hanno agito insieme per sensibilizzare i cittadini sui rischi del gioco d’azzardo. Sui monitor di bordo delle Frecce Trenitalia e su quelli di Grandi Stazioni e Centostazioni è stato trasmesso lo spot della Campagna; negli Help Center di FS Italiane è stato distribuito materiale informativo; il magazine La Freccia di novembre ha dedicato due pagine al gioco d’azzardo e alla Campagna. La comunicazione è stata veicolata anche attraverso gli account social di FS Italiane con twitter e Youtube. Gli spot volevano far comprendere alle persone che giocano, ma anche ai loro familiari e amici e, più in generale, all’opinione pubblica, l’illusorietà dei messaggi di promozione del gioco d’azzardo, in particolare di quelli che promettono vincite facili. Promesse ingannevoli cui la Campagna risponde con lo slogan “Più giochi, più perdi. (È matematico!)”.
Ma a fianco di “Mettiamoci in Gioco” ci saranno ancora le “macchine da gioco”?
Ribadisco quanto detto dal nostro amministratore delegato in conferenza stampa. Questa campagna è una nuova occasione per far conoscere la patologia, fare prevenzione e dare un’opportunità di uscita a chi si è ammalato, proprio perché la ludopatia è un fenomeno che va fermato. E allora quale momento migliore del viaggio in treno, dell’attesa in stazione per riflettere su questo delicato argomento? Da qui deve nascere la forza che va messa a disposizione di chi è rimasto prigioniero di promesse ingannevoli legate al gioco e delle famiglie di queste persone che ne pagano le conseguenze. E quindi in coerenza con queste posizioni il nostro ad ha anche aggiunto che una volta portati a scadenza i contratti con gli esercizi commerciali che nelle stazioni hanno al loro interno anche macchine per il gioco d’azzardo, queste autorizzazioni non saranno più rinnovate. Ovviamente in tutto ciò non c’è nulla di illecito, ma occorre anche mantenere una coerenza etica per chi fa Csr e scegliersi i giusti compagni di viaggio. Per questo anche io recentemente ho declinato l’invito a partecipare a un convegno sui temi della Csr, perché tra le aziende presenti ce n’era una specializzata nel gioco d’azzardo. Peraltro, questo è un tema non nuovo e non risolto e pertanto lo ripropongo alla vostra attenzione, perché sarebbe interessante un ulteriore approfondimento: si può parlare di responsabilità sociale d’impresa anche per quelle imprese che nelle loro attività di produzione (del tutto lecita intendiamoci) producono beni o servizi che contrastano con la libertà, la dignità, l’incolumità fisica o psichica della persona?