Per chi viene da Sud, Porta Maggiore è il primo segno, forte, di Roma che gli appare dal finestrino del treno. Deve essere questo ad aver spinto Vito e Giuseppina, che sono rispettivamente di Catania e di un paese del salernitano, a fermare qui la loro roulotte.
Gli è stata regalata a luglio scorso dalla parrocchia di piazza Bologna. Non è una casa ma è sicuramente meglio di dormire al primo binario della Stazione Termini, come hanno fatto per diversi anni.
Alle spalle hanno una storia non diversa da quella di tante altre persone. E anche questo ti fa capire quanto sia facile alla fine ritrovarsi in mezzo a una strada. Vito, che ha 64 anni, ha lavorato per 30 anni come chef. Ora è in attesa della pensione. Alla ricerca di un lavoro, quattro anni fa decise di lasciare la famiglia e di partire per Roma, l’amante capricciosa come lui la definisce. Le cose non andarono così come lui si aspettava. In breve tempo si trovò senza neppure più i soldi per tornare a Catania. Fu allora che conobbe Giuseppina, di 13 anni più giovane e con alle spalle una vita un po’ più travagliata: una figlia, ora grande, anni di lotte per avere una casa dal Comune, insieme agli altri occupanti delle case in via Cesare De Lollis. Si guadagnava da vivere facendo le pulizie, poi…
Quando sono arrivato, Vito era seduto fuori intento a fare un solitario. Dava l’impressione di una certa serenità, quasi da campeggiatore in vacanza, è per questo che mi aveva incuriosito. Non appena mi sono avvicinato, lei è uscita e subito ha preso posto accanto a lui. Mi hanno invitato a sedermi e nel mentre le auto continuavano a passare e i tram a entrare e uscire come in un porto, mi hanno raccontato la loro storia sotto il sole a piombo di mezzogiorno. In breve tempo la distanza si è ridotta, è stato bello condividere quel momento seduti tutti e tre a quel tavolino. Il difficile semmai è stato alzarmi e separarmi senza poter essere granché d’aiuto. Non si trattava di sostenere il solito carico d’indigenza, per quello tutti siamo più o meno quotidianamente abituati. Come sempre è lo sforzo nel cercare di resistere, continuando a fare una vita dignitosa la cosa che più turba. La vicinanza.