La Caritas: ai poveri vanno dati più servizi e meno soldi


Pubblicato il 24.07.2007 in News Sociale

La Caritas anticipa il VII rapporto sull'esclusione sociale, realizzato con la Fondazione Zancan. Due le linee per la riforma del welfare: dare il potere agli enti locali e trasformare in servizi quello che oggi si dà in trasferimenti monetari.
 
Non è vero che ci sono pochi soldi in Italia per la spesa sociale. Il volume complessivo è stato nel 2006 di 44 miliardi e 540 milioni di euro, ovvero 750 euro per cittadino. Il problema è che si spendono male e vengono dispersi in mille rivoli. Per questo è urgente e necessaria una riforma del welfare che sia coerente con la riforma del Titolo quinto. Due sono le linee di intervento: dare tutto il potere agli enti locali (Comuni e Regioni) e trasformare in servizio quello che oggi si dà in trasferimenti monetari. E’ la proposta avanzata oggi dalla Caritas e dalla Fondazione Zancan che hanno presentato a Roma le anticipazioni del loro settimo rapporto sulla povertà in Italia. Il rapporto vero e proprio sarà pubblicato a fine settembre per Il Mulino. “Abbiamo deciso di anticipare i risultati del nostro lavoro – ha spiegato il responsabile scientifico, Tiziano Vecchiato – per cercare di influenzare le scelte politiche che il governo si appresta a fare nell’ambito della finanziaria per il 2008”. Alla conferenza stampa di presentazione erano presenti anche monsignor Vittorio Nozza, direttore Caritas italiana e monsignor Giuseppe Pasini, presidente del Centro studi e formazione sociale della Fondazione Zancan. Titolo del rapporto: “Rassegnarsi alla povertà?”


“Più servizi meno trasferimenti monetari. Lasciamo scegliere al cittadino”. Per evitare la guerra tra poveri nella riforma del welfare, si tratta di educare anche i cittadini alla scelta più giusta. “Un esempio positivo – ha spiegato oggi Tiziano Vecchiato durante la presentazione del Rapporto Caritas 2007 sulla povertà – è quello che si applica in Germania, dove si propone al cittadino di rinunciare ai trasferimenti monetari in favore dei servizi. Se con i trasferimenti monetari una persona disabile ottiene uno, scegliendo l’opzione servizi otterrà due”.  Il professor Vecchiato ha fornito anche alcuni dati che saranno poi contenuti nel Rapporto di prossima pubblicazione. “Considerando la spesa riguardante l’assistenza sociale – ha detto Vecchiato – osserviamo anzitutto due elementi: il volume complessivo e il suo peso specifico (44 miliardi e 540 milioni di euro, 750 euro pro capite)”. Secondo Vecchiato in Italia si utilizza un quarto del Pil per la protezione sociale, ma questo non produce effetti rilevanti dal punto di vista della lotta contro l’esclusione sociale e la povertà. Contemporaneamente l’impegno dell’Italia per la spesa sociale rimane inferiore a quello di molti altri paesi, tra cui il Belgio, l’Austria, la Francia, la Germania, la Danimarca e la Svezia.


Ma il punto che la Caritas e la Fondazione Zancan vogliono rimarcare riguarda proprio le destinazioni di spesa. In dieci anni sono aumentate le voci per le pensioni in senso stretto e per il Tfr. Tutto il resto, spiega sempre Vecchiato, è ripartito tra le voci “assicurazioni e mercato del lavoro” (6,6%), “assistenza sociale” (11,9%), “sanità” (25,4%). In questo contesto, conclude il direttore del Centro studi della Fondazione Zancan, “gran parte delle risorse vanno all’ultima fase della vita e molto meno alla prima e al sostegno delle responsabilità familiari”.


Sulle anticipazioni del Rapporto Caritas è intervenuto oggi anche il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero: “I dati contenuti nel rapporto sulla povertà e l’esclusione realizzato dalla Caritas e dalla Fondazione Zancan indicano chiaramente quanto drammatica sia la situazione nel nostro paese – ha detto il ministro - purtroppo devo constatare come poco o nulla sia stato fatto per rispondere a questa vera emergenza sociale che riguarda milioni di italiani. Gli interventi più urgenti, per i quali vanno trovate assolutamente le risorse, riguardano le politiche abitative, il sostegno alla spesa per i servizi e il reddito minimo di inserimento. Su questi temi, come sugli altri capitoli della spesa sociale, dovrà essere centrata la prossima finanziaria che non potrà che guardare agli italiani più deboli e che vivono oggi con maggiori difficoltà e non al ceto medio come sento dire da più parti”.
 

Redattore Sociale


Autore: pan