Non solo quelli che fanno fatica ad arrivare alla terza settimana del mese, ma quelli che finiscono sotto i ponti e dormono agli angoli delle strade. Il dato emerge dal bilancio del Piano Freddo.
Durante l'inverno, infatti, la commissione Politiche sociali del Comune ha «acceso» il suo sistema di servizi per aiutare i meno fortunati, ospitandoli nelle case di accoglienza del Comune e delle associazioni di volontariato, distribuendo cibo e coperte. Servizi che si sono moltiplicati con l'arrivo della eccezionale nevicata nella Capitale. Dai dati raccolti sul numero e il genere di persone che sono state accolte nei centri, emerge che gli italiani sono il 10% in più rispetto allo scorso anno. Nella Capitale c'è mezzo milione di persone che vivono in povertà. Due terzi di questi sono in povertà relativa. Sono i nuovi poveri, quelli della porta accanto, che guadagnano 800 euro al mese. Sono invece «poveri tra i poveri» ben 200 mila persone. Infine, la Capitale ospita 6000 persone senza fissa dimora. La maggior parte delle volte sono assistite dai centri del Comune o dalle associazione di volontariato. Ma ben 2.300 dormono in strada. La Città Eterna è prima in classifica anche per numero di sfratti: 1 famiglia su 191 e quasi sempre per morosità. Ma nella Capitale risiede anche il numero più alto di cittadini in sofferenza bancaria (12,2% contro il 2,8% del resto d'Italia) e il maggior numero di famiglie in attesa di un alloggio popolare (quasi 30.000).
«Alla chiusura del Piano Freddo, il dato più significativo - spiega Giordano Tredicine, presidente dalla commissione Politiche sociali - è purtroppo l'incremento del 10% degli italiani che hanno trovato accoglienza nelle strutture. Un dato che impone una seria riflessione sui profondi cambiamenti, acuiti dalla crisi, che stanno modificando drasticamente il tessuto sociale del nostro Paese, abbassando sensibilmente la soglia di povertà e aprendo la strada a preoccupanti scenari di nuove povertà. Spero che il governo - dice Tredicine - ne prenda atto e guardi a queste nuove drammatiche realtà non come a mali ineluttabili, ma come a ingiustizie che si ha il dovere di sanare.