L’Istituto presenta i primi dati dell'indagine realizzata per la prima volta in Italia. 31 i comuni interessati sui 158 in programma. Mancano ancora città come Roma, Milano e Napoli. Su 115 realtà che forniscono servizi, il 79% sono private.
ROMA – In occasione della chiusura dell’Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale l’Istat presenta oggi a Milano i primi risultati di un’indagine, realizzata per la prima volta in Italia, sui servizi alle persone senza dimora che coinvolge 158 comuni italiani selezionati in base all’ampiezza demografica. Primi risultati che però sono lungi da essere quelli definitivi, nonostante siano comunque un segnale importante di interessamento al problema, finora mai indagato ufficialmente. Le rilevazioni presentate oggi dall’Istat riguardano infatti soltanto 31 comuni in cui è stata conclusa la rilevazione, ma nella lista non compaiono città come Roma, Milano, Napoli e altre grandi città italiane e da cui, quindi, è difficile estrapolare un quadro complessivo a livello nazionale. L’indagine dell’Istat, tuttavia, è solo agli inizi: oltre alla rilevazione dei servizi, è finalizzata a definire un quadro sul fenomeno delle persone senza dimora sul territorio italiano e lo status e i profili delle persone senza dimora presenti in Italia. Censimento condotto attraverso rilevatori selezionati dalla Fiopsd e formati dall’Istat a partire da alcuni database resi disponibili da Fiopsd, Comunità di Sant’Egidio, Caritas Ambrosiana, Caritas Italiana e Avvocati di strada.
“Un fenomeno difficile da misurare ed è poco o per nulla indagato”, spiega l’Istat. Nella prima fase dell’indagine sono state raccolte informazioni sulle organizzazioni che erogano servizi di supporto in risposta ai bisogni primari, di accoglienza notturna e diurna, di segretariato sociale e di presa in carico e accompagnamento. Sulle 115 organizzazioni o enti che erogano direttamente almeno uno dei servizi oggetto di rilevazione nei 31 comuni considerati è emerso che nel 79% dei casi si tratta di organizzazioni private. Solo per il 21% si tratta di istituzioni o enti pubblici. Tuttavia, in circa i due terzi dei comuni, i servizi sono erogati sia da enti pubblici che da organizzazioni private. Laddove non è stata registrata l’erogazione dei servizi da parte del pubblico, è stata notata però la presenza di organizzazioni private che contano su un finanziamento pubblico, con la sola eccezione di Crotone, dove l’unica organizzazione presente è privata e senza alcun finanziamento pubblico. “La quota degli enti pubblici sul totale è meno elevata nei comuni più grandi – si legge nell’indagine -, che ovviamente sono anche quelli che presentano il maggior numero di organizzazioni o enti: il 14% cento a Firenze, l’8% a Torino e Catania. Va comunque precisato che in questi stessi comuni rispettivamente il 72%, il 67% e il 36% delle organizzazioni private sono finanziate da enti pubblici”.
Sono 207 le sedi delle organizzazioni rilevate ad oggi dall’Istat, con una media di quasi due sedi distinte per ogni realtà in cui viene erogato almeno uno dei servizi, ma la variabilità, spiega il testo dell’Istat, “è tuttavia elevata, anche a parità di dimensione demografica: si passa da una sola sede a Caltanissetta, Cosenza, Salerno, Siena, Vicenza, fino a superare le tre sedi a Verbania, Vibo Valentia e Lamezia Terme”. Tra le sedi delle organizzazioni di questo primo scampolo di indagine, quasi la metà è destinata ad un servizio di supporto in risposta ai bisogni primari e circa il 41% a un servizio di accoglienza notturna. “I comuni con il maggior numero di sedi operative che forniscono servizi di accoglienza notturna sono Firenze (20 sedi), Torino (18), Catania (6), Piacenza (6), Modena (4) e Verbania (4), evidenziando anche una qualche associazione con la dimensione demografica del comune”. Elevato anche il numero di sedi in cui si offre il servizio di segretariato sociale (41%), mentre per i servizi di presa in carico e accompagnamento sono il 33% e solo l’11% delle strutture è destinato ai servizi di accoglienza diurna.
Fonte: Redattore Sociale
Per approfondimenti:
Istat: “Un terzo dei servizi erogati riguarda i bisogni primari”Seguono il segretariato sociale, la presa in carico e l’accoglienza notturna. Aperti tutto l’anno e per lo più con accesso libero o con la presentazione da parte di un operatore. Ecco il quadro dei servizi nei risultati parziali dell’indagine Istat.
ROMA - Sono quasi 600 i servizi erogati dalle 115 organizzazioni che operano a favore delle persone senza dimora nei 31 comuni considerati dall’Indagine Istat sui servizi alle persone senza dimora presentati questa mattina a Milano nel corso del convegno “Anno Europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale: bilancio e prospettive”. La ricerca, che coinvolgerà in totale 158 comuni italiani, è finalizzata ad analizzare per la prima volta il mondo dei senza dimora, dai servizi offerti allo status e ai profili delle persone senza dimora presenti in Italia ed è realizzata in collaborazione con la fio.Psd e la Caritas italiana.
I servizi. Secondo l’Istat nei comuni interessati dalle rilevazioni, sono quasi tre i servizi erogati in ogni sede (2,9) per un totale di 599 servizi. Di questi, per il 48% dei casi si tratta di servizi erogati da organizzazioni private finanziate da un ente pubblico (290), mentre 87 servizi vengono erogati direttamente da un ente pubblico (15%). Il 37% inoltre, è erogato da organizzazioni private senza alcun finanziamento pubblico. “Un terzo dei servizi è costituito da quelli di supporto in risposta ai bisogni primari (di cui il 21,4% servizi di mensa) – spiega l’Istat -, un quarto quelli di segretariato sociale, il 22,4% quelli di presa in carico/accompagnamento e circa il 16% quelli di accoglienza notturna. Molto più contenuta la quota di servizi di accoglienza diurna, pari al 4,5%”. L’erogazione diretta da parte di enti pubblici varia, secondo l’Istat, dal 3,7% per l’accoglienza diurna al 25,5% per il segretariato sociale. Per quello che riguarda l’accoglienza notturna il pubblico è presente in circa il 10% dei casi, mentre le organizzazioni private con finanziamento pubblico il 60%, quota che per i servizi di accoglienza diurna arriva al 56%, mentre è prossima al 45% tra gli altri servizi.
Aperti tutto l’anno. Dall’indagine Istat si evidenzia come gran parte dei servizi ai senza dimora vengano erogati tutto l’anno. “L’85% dei servizi di accoglienza notturna sono aperti tutti i mesi dell’anno, solo il 6 % chiude nel mese di agosto, mentre il restante 9% è aperto da uno a sei mesi l’anno ed è spesso destinato a soddisfare la maggiore richiesta durante le emergenze freddo (si tratta infatti sempre di comuni del centro-nord: Bolzano, Firenze, Grosseto, Modena, Torino)”. Anche la maggioranza dei servizi di accoglienza diurna sono aperti tutto l’anno: sono il 63%. Gli altri sono aperti da sei a undici mesi l’anno. Aperte tutto l’anno anche le sedi che forniscono servizi di supporto ai bisogni primari: sono il 77%, mentre solo il 2% (a Firenze, Ravenna e Torino) è aperto meno di sei mesi. Nel caso delle mense, tuttavia, la percentuale di quelle aperte tutti i giorni supera il 56% e scende al 5% quella delle mense aperte meno di quattro giorni a settimana. Infine i servizi di segretariato sociale e di presa in carico e accompagnamento che sono aperti per tutti i mesi dell’anno per circa l’85% dei casi. Il 16% quelli aperti tutti i giorni.
Accesso ai servizi. Libero o dietro la presentazione di un operatore, l’accesso dipende molto dal tipo di servizio erogato. Per quanto riguarda l’accoglienza notturna, infatti, solo il 25% dei servizi prevede un accesso libero da parte degli utenti, nel 44% dei casi è consentito dietro la presentazione di un operatore, l’11,3% permette l’accesso dopo un appuntamento. Le cose cambiano quando si parla di servizi in risposta ai bisogni primari che permettono l’accesso libero nell’85% dei casi (il 78% tra le mense), solo nel 6,8% dei casi è richiesta la presentazione da parte di un operatore (il 14,6% nel caso delle mense), mentre il 2,6% richiede un appuntamento. Per quel che riguarda i servizi di accoglienza diurna, l’accesso è libero nel 59% dei casi, in un quinto dei casi viene richiesto un appuntamento e nel 15% la presentazione da parte di un operatore. Aperto il segretariato sociale, l’87% dei servizi prevede un libero accesso.
Raccolta dati. Secondo l’Istat la raccolta delle informazioni sugli utenti viene effettuata nella maggior parte dei servizi presi in considerazione: la percentuale di quelli che non la prevedono varia dal 3,7% tra i servizi di accoglienza diurna al 27% tra quelli in risposta ai bisogni primari. “Quasi sempre – spiega l’Istat - si tratta della registrazione di un identificativo (nome o soprannome) e delle principali caratteristiche socio-demografiche (sesso, età, stato civile, cittadinanza) dell’utente. In alcuni casi, soprattutto per i servizi di segretariato sociale, di presa in carico e accompagnamento e di accoglienza notturna, le organizzazioni registrano anche le problematiche sociali (situazioni di dipendenza, di grave malattia e di difficoltà nelle relazioni interpersonali) e del passato utilizzo di altri servizi”. Sono pochi, infine, quelle organizzazioni che registrano le informazioni raccolte su un supporto informatico contestualmente o successivamente al momento della raccolta. La raccolta di dati su carta avviene ancora in oltre un terzo dei casi.
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