Istat: sempre più bambini poveri. Tra i clochard ora ci sono i licenziati


Pubblicato il 14.01.2011 in News Sociale

IL RAPPORTO - La morte di David a Bologna non è che una punta d'iceberg di un fenomeno in preoccupante aumento. I minori italiani che vivono in condizioni di povertà sono 1.756.000. I volontari che portano cibi caldi ai senza dimora incontrano sempre più spesso mamme e papà senza lavoro.  

 

Il piccolo David, morto di stenti ad appena 23 giorni di vita, lo scorso 5 gennaio a Bologna, in Italia ha un numero incredibile di "fratellini" che vivono in un profondo, drammatico disagio. E se giustamente un'intera nazione si ferma a riflettere commossa sulla storia straziante della famiglia Berghi, il Paese dovrebbe ugualmente meditare di fronte a dati tragici che coinvolgono i minori in tutta Italia.

I numeri. Le statistiche fresche di stampa riguardanti i bambini italiani ci consegnano una fotografia impietosa dello stato sociale dei nostri piccoli. L'Istat ci dice che ben 1.756.000 minori vivono in condizione di povertà relativa, il 22% della popolazione minorenne. Mentre il rapporto della Commissione sulla povertà e l'esclusione sociale, biennio 2009/2010, dopo aver presentato il pesante dato di oltre 3 milioni di persone in povertà assoluta - il cui reddito, cioè, non raggiunge la soglia minima di sussistenza (5,2% della popolazione totale) - spiega che di queste ben 650.000 sono minori.
I nuovi clochard. Insomma, il tessuto sociale italiano sta drasticamente mutando. Cambia anche la vecchia tipologia del classico clochard: i servizi sociali che si occupano dei senza fissa dimora o i volontari che distribuiscono pasti caldi o coperte si trovano sempre di più davanti a mamme, papà licenziati. E tanti bambini.
Le malattie della povertà. L'allarme lo lanciano all'unisono Codacons e Istituto malattie della povertà (Inmp) San Gallicano, di Roma.  "Le malattie legate alla povertà - dichiara il direttore generale dell'Inmp Aldo Morrone, specie quando interessano i minori, sono in aumento e hanno una particolare concentrazione nel sud d'Italia, dove investono il 30% delle famiglie". Unicef e Cgil, che ne hanno dibattuto al convegno "Povertà e Infanzia" tenutosi a Roma lo scorso 14 dicembre, esprimono "grande preoccupazione".
Al terzultimo posto. "Registriamo dati di assoluto allarme - dichiara Stefano Taravella, vice presidente Unicef Italia. "Nel nostro paese c'è un impoverimento generale che investe gravemente la porzione di popolazione minore. La classifica che descrive il rischio di povertà per i minori di 17 anni nei 24 paesi dell'Ocse ci vede al terzultimo posto appena prima di Bulgaria e Romania". Quelle donazioni che magari abbiamo fatto anche nel recente Natale all'Unicef che si occupa di bambini, dunque, non vanno più, come immaginavamo, solo ai bambini africani o sudamericani. Da oggi sono destinate anche ai piccoli italiani.
I poveri dei paesi ricchi. L'Unicef si occupa sempre di più di minori di paesi ricchi e tra questi, l'Italia fa una pessima figura. La sua Report Card dice che siamo negli ultimi 3 posti per quanto attiene alle disuguaglianze rispetto a benessere materiale, istruzione e salute. È un problema politico, innanzitutto: se cresce la disuguaglianza vuol dire che non esistono strategie efficaci di chi governa per ridurla". Eppure, esiste un Piano nazionale dell'infanzia che ogni anno il governo dovrebbe assestare e aggiornare, dati alla mano, secondo le nuove esigenze. Ma, stando a quanto dichiarato recentemente dal presidente della sezione italiana dell'Unicef Vincenzo Spadafora a Famiglia Cristiana, il Piano attende invano di essere realizzato.


Autore: LUCA ATTANASIO