«Io, di giorno prof a scuola, di notte senza fissa dimora»


Pubblicato il 17.06.2012 in News Sociale


Il convegno sulla povertà. La Caritas: sono divorziati, si vergognano e si nascondono. E alla stazione dorme un funzionario.

Lo si vede passare tutti i giorni in largo Donnaregina, proprio davanti al portone della Curia, qualche volta si ferma e si mette a chiacchierare. Proviene da via Duomo e prosegue verso via Santa Sofia, è una persona molto distinta, occhiali e una borsa in mano. In molti lo chiamano «o' professore», perché lui professore lo è davvero. Insegna latino e greco, ma anche se ha un lavoro, purtroppo non ce la fa ad arrivare a fine mese. E quindi chiede aiuto alle mense parrocchiali. Per lui il Palazzo del cardinale è un rifugio sicuro, un posto dove trovare accoglienza. E dove forse poter mettere da parte la vergogna. «In lui c'è tanta dignità, viene con discrezione, chiede aiuto perché ne ha veramente bisogno». Ma non parla, ha  vergogna. L'eleganza è sempre uguale, nessuno deve sapere.

Il caso è stato sollevato dal cardinale Sepe nella conferenza stampa di annuncio del convegno organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio a Napoli iniziato ieri e che prosegue domani, che vede 150 associazioni e gruppi di volontariato confrontarsi sul tema povertà, per scoprire nuovi aspetti del fenomeno. Oggi, in cattedrale, ci sarà anche il ministro per la cooperazione internazionale Andrea Riccardi. Il caso del professore purtroppo non è isolato. Lo sottolinea anche il direttore della Caritas diocesana di Napoli Vincenzo Cozzolino, che di impiegati, professori di scuola e funzionari statali ne vede tanti perchè questa crisi «è soprattutto etica, lede la dignità delle persone, toccando quei valori non solo cristiani ma soprattutto umani».

La crisi insomma tocca anche gli intellettuali. «La gente viene da noi – prosegue il direttore della Caritas – per motivi diversi, a volte anche solo  per essere ascoltata, e c'è chi vive la propria condizione nella solitudine ma con grande rispetto». Un altro caso, proprio pochi giorni fa. Alla Stazione Centrale si aggirava un uomo dall'aria molto distinta, funzionario di un ente statale, laureato, 55 anni, napoletano, separato dalla moglie e senza casa. Con discrezione si è avvicinato al gruppo di volontari Caritas che di solito portano pasti caldi ai senza dimora i quali lo hanno scambiato per uno che voleva dare una mano. E invece no, la mano serviva a lui. Ha uno stipendio di 1500 euro, di questi, per il - mantenimento dei figli ne sborsa 900. «Con quel che mi rimane non ce la faccio a mantenere una casa». Ha chiesto aiuto e lo ha trovato. È stato indirizzato ad una struttura di accoglienza, dove ha un tetto per dormire. Strana la vita, il nostro la mattina va al lavoro, la sera dorme al dormitorio e mangia alla mensa Caritas. «Lo vediamo a disagio – racconta Cozzolino - mangia a stento, ma noi facciamo di tutto per rispettare la sua dignità e la sua discrezione». Proprio per questo ha chiesto il trasferimento del lavoro in una città del Nord, perchè vuole allontanarsi del tutto da una realtà che lo mortifica. La nostra Caritas lo sta aiutando a trovare un tetto in qualche piccola cittadina dove di certo non sanno che anche se lavori e hai una vita cosiddetta normale, ti può capitare di dormire al dormitorio pubblico.

«La Chiesa non vuole supplire le istituzioni ma se fa carità lo fa perchè vuole obbedire al comando di Cristo. D'altra parte pensare di supplire le istituzioni sarebbe assurdo», ha spiegato il cardinale Crescenzio Sepe. «Ma con gli esempi che noi come Chiesa diamo – ha proseguito Sepe - vogliamo richiamare l'attenzione di chi istituzionalmente è preposto a risolvere alcuni problemi».


Autore: Elena Scarici