In fila all’Help Center di Bologna: le storie di chi chiede un posto al caldo


Pubblicato il 30.11.2017 in Rete Onds


Sono tutti uomini, hanno in media 40 anni. Sono le persone che sperano di rientrare in uno dei 287 del Piano freddo del Comune, al via dal primo dicembre. Molti gli stranieri, ma c’è anche qualche italiano: “Ho buttato via tutti i miei risparmi. Per essere qui ho messo da parte il mio orgoglio”

 

È una giornata umida e fredda al piazzale est della stazione di Bologna. Con largo anticipo rispetto all’orario di apertura, c’è già un gruppetto di circa 30 persone davanti all’Help Center, il servizio di accoglienza della rete Onds per chi è in difficoltà economiche e non ha una casa, gestito dalla cooperativa Piazza Grande. Si sta fuori, ognuno in lista col proprio numero, in attesa di essere chiamati. Sono tutti uomini, età media sui 40 anni. Sperano per uno dei 287 posti che il Comune ha messo a disposizione per il Piano freddo di quest’anno, a partire dal primo dicembre.

Sono molti gli stranieri, ma c’è anche qualche italiano, come Romano, 43enne di Catania. Dopo circa 15 anni a fare avanti e indietro dalla Sicilia ora è a Bologna per restare. Racconta di non avere più la patente, ma soltanto un’auto che non parte più e stracolma di vestiti, perché è “padrone solo di quelli”. Ricorda di aver avuto anche lavori importanti, come quello in Ducati, ma soprattutto parla dei suoi problemi con le droghe.

Poi c’è Luigi, anche lui siciliano, berretto nero in testa, 68enne di Valguarnera Caropepe, in provincia di Enna. È a Bologna da 55 anni, in difficoltà da circa 4, ha fatto per anni il muratore. “Sopravvivo con qualche lavoretto per qualche mio vecchio cliente”, ammette. “Eccomi qua, anche se sono troppo orgoglioso per chiedere aiuto: io mi sono sempre difeso con le mie braccia”, sottolinea. Luigi si è separato dalla moglie e ha cresciuto sua figlia da quando aveva 3 mesi. Poi il baratro. 

Ci sono anche Giovanni e Danilo (nomi di fantasia, bolognesi di 43 e 27 anni, entrambi seguiti dal Sert, il servizio di recupero per tossicodipendenti ed entrambi disoccupati). “È da 3 anni che sto in dormitorio. La mia famiglia è a Padova, ma non ci vado d’accordo da parecchio tempo.”, ricorda Giovanni. Poi racconta di essere andato via di casa a 17 anni e di essere riuscito per un po’ a mantenersi in un monolocale grazie a piccoli lavori. Di recente si è occupato di posizionare gli spilli per tenere lontani i piccioni dai portici, lavorava 16 ore a settimana per 19 euro a cottimo. “Se hai un lavoro almeno hai soddisfazione. Io cosa posso dire? Che sono stato tutto il giorno a fare su e giù per le vie del centro della città?”, domanda. “Posso anche pentirmi di aver fatto uso di droghe, ma è inconcepibile che a 27 anni io non riesca a trovare lavoro”, si lamenta Danilo, cresta bionda, tatuaggi sul volto e gli occhi da bravo ragazzo. E non nasconde di essere disposto a qualunque impiego pur di essere in grado di mantenere la propria famiglia. “Vorrei avere una ragazza, magari una moglie e un bambino”, conclude. Un figlio invece Giovanni l’ha già avuto, ora ha 11 anni ed è stato affidato a una coppia di Prato. “Sta benissimo”, sostiene orgoglioso. “Gli hanno detto: se vorrai, a 18 anni potrai conoscere tuo padre. Sono felice che non abbia fatto nemmeno un giorno in orfanotrofio”, spiega. Consapevole della propria condizione, poi ammette: “Magari non gli diranno subito di me per non turbarlo, però forse, quando avrà 30 anni, sarà lui a farsi avanti. Potrà chiedermi: perché mi hai lasciato? Ma so che gli avrei fatto fare una vita orribile”.


Autore: Alberto De Pasquale