Grazie a un protocollo d’intesa siglato da Politecnico, Comune e Università, i locali di un dormitorio torinese continueranno a ospitare progetti. Da due anni, laureandi e persone senza dimora hanno collaborato alla loro realizzazione
Chi l’ha detto che un dormitorio pubblico debba per forza essere un ambiente grigio, quando non proprio triste? Il più delle volte è così che si presentano le cosiddette “case di ospitalità notturna”; che spesso non sono altro che ex uffici, asili o magazzini comunali ridestinati in fretta e furia - e con un budget molto risicato - all’accoglienza dei senza dimora. Per questo, qualche anno fa, alcuni ricercatori delle facoltà di Architettura e design e di Scienze dell’educazione dell’Università di Torino hanno preso a indagare come questi ambienti siano in grado di influenzare la qualità della vita di chi deve trascorrervi le notti: con i rispettivi studenti e un gruppo di ospiti dei dormitori sparsi sul territorio torinese, hanno dato il via a una serie di incontri, con l’obiettivo di immaginare e progettare spazi ideali per l’accoglienza.
È così che ha avuto inizio “Costruire bellezza”, progetto che da due anni coinvolge artigiani, persone senza dimora, ricercatori e studenti universitari, in una serie di laboratori per la progettazione e produzione di mobili e oggetti di design innovativi. Partita informalmente nel 2013, l’iniziativa ha sede nel salone multifunzionale e negli spazi al piano terra del dormitorio di via Ghedini 9: è qui che Comune, Politecnico e Università di Torino hanno firmato un protocollo di intesa, per proseguire nelle numerose attività che, da allora, hanno preso a moltiplicarsi nella struttura.
Non solo di design, in effetti, ci si occupa nei laboratori di via Ghedini. Tra le iniziative già avviate, c’è ad esempio “Alimenta”, progetto incentrato sulla cucina e nato da una costola di “Costruire bellezza”; che a oggi ha sfornato la bellezza di 4.560 pasti (in sole 102 giornate), oltre a 24mila cene per i dormitori di via Ghiacciaie, via Carrera, corso Tazzoli e via Ghedini e 7600 colazioni per il dormitorio di via Reiss Romoli. In quello di “Casa Sidoli", invece, i partecipanti al laboratorio hanno gestito l’acquisto delle materie prime per preparare oltre 6mila pasti: con il denaro risparmiato - oltre a una serie di borse lavoro per i laureandi in design - la cooperativa “Animazione Valdocco” ha finanziato la ristrutturazione e il ri-arredo dei locali, di cui si sono occupati gli allievi di “Costruire bellezza”, con un progetto di lavoro regolarmente retribuito.
“In generale - spiega Christian Campagnaro, ricercatore della facoltà di design e responsabile di “Costruire bellezza” - anche per la partecipazione ai laboratori si percepisce un rimborso; ma in ogni caso, è importante sottolineare come il focus di queste iniziative non sia rivolto all’inserimento lavorativo o alla realizzazione di attività: quello che facciamo è lavorare sul benessere di queste persone, restituendogli quel minimo di protagonismo che è essenziale per poter pensare a un vero reinserimento. Parallelamente, cerchiamo di spostare in orizzontale il baricentro del rapporto tra utente e operatore: vale a dire che, nei nostri laboratori, le decisioni, la progettazione e la realizzazione delle attività sono eseguite alla pari, da tutti i partecipanti”.
Tra le più importanti novità introdotte dal protocollo d’intesa c’è l’allargamento del bacino d’utenza, che dalle persone senza dimora passerà ora a comprendere anche persone con disabilità e cittadini a rischio emarginazione. Nei locali di via Ghedini è stato inoltre avviato “Buon pomeriggio bellezza”, progetto che ha sperimentato l’apertura di uno spazio d’accoglienza diurna rivolto agli adulti in difficoltà e incentrato sull’utenza femminile.