Nei 47 centri della Fict lo scorso anno sono stati inseriti in percorsi terapeutici 5.241 persone: il 42% presenta problemi di poliabuso (compresa la cocaina), mentre nell'11% dei casi si trattava di cocainomani puri.
Sono alcuni risultati di una ricerca presentata oggi dalla Federazione italiana comunità terapeutiche a Palazzo Marini (Camera dei deputati), in occasione del convegno nazionale "Cocaina: la Fict tra prassi e innovazione: Esperienze a confronto nel contesto italiano”. Promosso in vista della XIX Giornata Internazionale contro l'uso e il traffico illecito di sostanze stupefacenti, che si celebrerà lunedì 26 giugno, l"appuntamento è stata l’occasione per illustrare il frutto di 3 anni di ricerca/azione condotta su un vasto campione di soggetti che hanno intrapreso percorsi o trattamenti di affrancamento dalla cocaina. Tra il 'vaccino anticocaina’ e le ‘sale del buco’, la Fict propone altre modalità di intervento preventivo e riabilitativo e apre un confronto/dibattito a partire dall’esperienza maturata in 25 anni di lavoro sul territorio e con le persone.
Infatti “la forte diffusione del consumo/abuso di cocaina e sostanze psicostimolanti, crea la necessità di modificare le modalità di risposta e di intervento, e di intensificare la riflessione e la ricerca - evidenzia la Federazione -. Il fatto stesso che, a volte, si individui all’interno di queste aree problematiche un contesto di apparente o reale ‘normalità’, impone forti esigenze di rimodellamento delle pratiche e dei riferimenti metodologici”. In questo senso la Fict vuole “promuovere il confronto fra metodologie diverse e differenti forme di rappresentazione/interpretazione dei problemi presi in esame; favorire e proporre l’utilizzo di una casistica vasta ed eterogenea, rappresentativa di tutto il territorio nazionale, che la rete Fict è in grado di mettere a disposizione per la ricerca sia sociologica che clinica; promuovere le condizioni per la definizione di nuovi modelli di intervento integrati e complementari che connettano il sistema pubblico di intervento ed il privato sociale, attualmente entrambi in ritardo rispetto all’emergere di questo nuovo target”.
Mariafederica Massobrio, direttore generale del Centro “Gulliver” di Varese, ha rilevato che i risultati dell’indagine si basano soprattutto su un campione rappresentativo di grandi e piccole città dislocate in diverse regioni, costituito da 10 centri che si occupano da 7 anni di trattamenti rivolti a cocainomani; ben 435 persone sono state monitorate dalla diagnosi fino a un anno dopo la conclusione del trattamento. Per questi tossicodipendenti “l’attivazione di percorsi orientati in senso ambulatoriale-individuale rappresenta una modifica fortissima in termini di identità dei Centri e li orienta verso qualcosa che appare come un sistema complesso di offerte non riducibili all’intervento di comunità terapeutica”, ha evidenziato Alessandro Dionigi, psicopedagogista del centro bolognese “Il pettirosso”.