Fuori Orario di Servizio


Pubblicato il 21.04.2012 in News Sociale

"Una sera di maggio, al confine sloveno. Stavo accompagnando a cena un nutrito gruppo di referenti sull'asilo, parte di un Coordinamento nazionale che seguo da anni. Era l'ultima notte di una intensa quattro giorni di incontri e formazione sul tema dei rifugiati, con circa quaranta persone provenienti da tutta Italia. Tra loro, molti legali, operatori di frontiera, gente usa a gestire situazioni di emergenza.

Dopo aver fatto passare tutti i colleghi, inaspettatamente, il doganiere sloveno mi bloccò al valico senza spiegazioni, con ruvidezze da oltre cortina. Dopo una lunga attesa, si indovinò che non riconosceva il mio documento di rifugiato, che la Slovenia era sì entrata nella UE ma non ancora nell'area Schengen etc. A nulla servì dire che il ristorante era a meno di un chilometro e inesistente il pericolo di fuga. Tra l'altro, il giorno dopo avrei dovuto incontrare il Prefetto a Trieste. Arrivò trafelato anche il ristoratore, disperato all'idea del mancato introito e imbastì una trattativa tanto tenace quanto infruttuosa. Forse non aveva portato con sé sufficienti salami e damigiane di vino? Intanto aspettavo in piedi, con due colleghi che condividevano con me il buio umido della notte e le luci fredde dei camion che ci squadravano al passaggio. Di là della frontiera, il resto del gruppo non coglieva l'assurdità della situazione e aspettava seduto ciò che non veniva. Alla fine, dopo oltre due ore, qualcuno con più coscienza si decise a richiamare tutti e a tornare a Trieste, per una cena molto meno succulenta di quella prevista. Alcuni operatori mi espressero pudicamente la loro solidarietà, altri rimasero muti nell'imbarazzo. Ci fu anche però chi avrebbe preferito andare al ristorante sloveno, con la scusa del danno economico altrimenti arrecato al ristoratore incolpevole.

Sentii, fra loro e me, una separazione di mondi: da una parte, chi inevitabilmente vive una condizione - quella del rifugiato - anche smontato il turno; dall' altra, ottimi operatori. In orario di servizio.

Mi tornarono in mente i vari respingimenti alla frontiera subìti in questi anni, a cura di doganieri dai modi spicci, di fronte a persone non disposte a testimoniare, in nome dell'epidemico "non ci metta nei guai!'' Ripensai alle file e agli abusi visti e vissuti in questura e allo sbigottimento dei colleghi quando ne venivano a conoscenza: "Possibile che qualcosa del genere accada a una come te?". Come se i gironi infernali che - ancora e sempre più - affliggono i cittadini stranieri nell'interlocuzione con la Pubblica Amministrazione non potessero che riguardare gli altri. Quelli dietro lo sportello, quelli che si incontrano durante il turno di servizio. Sì, anche se deplorevoli, si pensa che l'arbitrio, il rinvio sistematico, l'essere foto segnalati come criminali siano ormai un dazio da pagare, una marca da bollo in più.

Avrei voluto urlare ai colleghi lo sdegno di fronte alla loro passività, ma non proferii verbo.

Allora come sempre, nei momenti bui, guardai in alto, verso l'unica stella polare, la sola protezione a cui mi sia mai affidata. Quella che ti fa tenere la schiena dritta anche sotto i colpi e non poggiare il capo sulle spalle altrui. Così gracili. così velleitarie. Guardai in alto, nella notte senza luci, e mi sentii ascoltata da Chi sa e vede.

Settimane dopo, tornata finalmente a Roma con il mio bel timbro di respingimento sul documento di viaggio, un collega siciliano, uno degli anziani del gruppo, mi chiese un colloquio. Imbarazzato e rosso in volto, sospirò: “Dopo anni di formazione e attività, quella sera mi sono reso/ci siamo resi conto di non aver capito niente. Ed io, in particolare, di non essere stato all'altezza. Scusami.”

Anche solo per questo, pensai, era valso subire l'ennesimo oltraggio. Per cogliere le proprie insufficienze, l'abisso che separa chi soffre da chi pretende di aiutarlo. La tecnica è solo uno strumento con molte falle. Il ponte tra gli esseri umani passa dall’Alto, in un triangolo da disegnare quotidianamente. Anche fuori orario di servizio."

Lê Quyên Ngô Ðình

(Testimonianza letta da Don Enrico Feroci durante la messa Esequiale del 21.04.2012)

La Notizia: La scomparsa di Lê Quyên Ngô Ðình (Fonte Caritas Roma)

Lê Quyên: messaggio del Cardinale Agostino Vallini


Autore: Lê Quyên Ngô Ðình
Fonte: Caritas Roma