Fermata stazione Termini, la Roma dei senza fissa dimora


Pubblicato il 07.10.2014 in Rete Onds

Fermata stazione Termini, la Roma dei senza fissa dimora

Il pranzo della domenica all'associazione Binario95


Riparatori di biciclette, giornalisti, cuochi della domenica. Storie nascoste tra le difficoltà della vita di strada DI ANNA MADIA E ERICA MANNIELLO

“Ma io mi chiedo chi gliel’ha fatto fare a un ragazzo senza casa del Bangladesh di andare a vedere l’Aida alle Terme di Caracalla sapendo che, solo due ore dopo il ritorno a Via Marsala, i vigilantes l’avrebbero svegliato per ripulire la stazione”. Così Fabrizio Schedid, vicepresidente della cooperativa sociale Europe Consulting, spiega perché andare a teatro può valere quanto mangiare e dormire. “Non sempre bisogni primari e secondari stanno nell’ordine in cui la nostra società li mette”.  

Per questo, il progetto Binario 95, nei pressi della stazione Termini, organizza laboratori di cucina, teatro, scrittura, attività manuali, oltre che gite culturali e sportive. Ha anche creato una rivista, Shaker, gestita direttamente dagli ospiti del centro diurno di accoglienza.

“Noi prendiamo le poesie, i racconti e le storie dei senza fissa dimora e di tutti quelli che non hanno una casa e una famiglia”, racconta Daniele, uno dei redattori del giornale. Che per questo oggi, pur non avendo un tetto, ha un vero stipendio.

Daniele e Massimo, redattori senza fissa dimora


 
Lo scorso marzo, in occasione del primo censimento completo dei senza fissa dimora della capitale, in tre notti soltanto sono state contate 3276 persone. Ma a Roma sono molte di più: oltre 7000, più che in qualsiasi altra città italiana.
Secondo la definizione dell’Osservatorio Europeo sull’homelessness, è considerato senza dimora “chi versa in uno stato di povertà materiale e immateriale, connotato dal forte disagio abitativo, cioè dall’impossibilità e/o incapacità di provvedere autonomamente al reperimento e al mantenimento di un’abitazione in senso proprio”.
 
Di povertà estrema certo si tratta, ma non solo. E’ l’enorme distanza tra la persona e gli altri, la società, lo Stato, il tratto più evidente di questa condizione. Obblighi e diritti vengono meno, in un isolamento che non riconosce più interlocutori validi. Così come per lo Stato senza un indirizzo di residenza non esisti, per chi una residenza non ce l’ha non esiste alcuno Stato.

Anoressia istituzionale è il termine che utilizza Fabrizio Schedid, di Binario 95, per definire questa perdita di fiducia nei confronti delle istituzioni. “Invece il primo passo per reintegrarsi è proprio fare pace con la società”.

Binario 95, intervista a Fabrizio Schedid
 

 
 
Le ragioni che portano a dormire per strada sono varie. Qualcuno viene sfrattato dopo la perdita del lavoro, qualcun’altro è afflitto da problemi di salute, o esce dal carcere o è dipendente daalcol e droga. Ma molti, soprattutto negli ultimi anni, arrivano dall’Asia, dall’Africa, dal Sud America e dall’Europa dell’est, in cerca di asilo. Non hanno un permesso di soggiorno e spesso si nascondono per le strade, mescolandosi agli italiani.

“Tanti non sanno nemmeno di avere diritto all’assistenza sanitaria”, spiega Mariarita Peca, coordinatore generale di MeduAssociazione Medici per i Diritti Umani. “Noi giriamo per le strade con il nostro camper per i diritti e prestiamo un primo soccorso medico. Ma il vero obiettivo è indirizzare chi ne ha bisogno agli ospedali, perché le cure sono garantite a tutti”.

MEDU, assistenza medica ai senza fissa dimora
 

 
Oltre al problema sanitario, c’è la questione degli alloggi. “I posti nelle strutture di accoglienza immediata sono pochi e sovraffollati. Ma a mancare sono soprattutto progetti a lungo termine, luoghi più piccoli in cui poter fare un percorso. Case famiglia, strutture di semi-autonomia, realtà che permettano di uscire dai centri di accoglienza”. Queste le parole di Roberta Molina, responsabile dei centri di Ascolto e Accoglienza della Caritas, che aggiunge: “E’ fondamentale pensare a un progetto con la persona e non sulla persona, con l’aiuto di un’equipe di psicologi e assistenti sociali”.
 
L’ostello Caritas, temporaneamente trasferito sulla Casilina, ha sede in via Marsala, proprio accanto alla stazione Termini. “Lo abbiamo pensato e voluto lì perché è un crocevia, un luogo di partenze e di arrivi. Ma è anche un posto di sostegno reciproco. Siamo molto più preoccupati per chi vive isolato”.

Binario 95, intervista a Alessandro Radicchi
 

 
Anche Alessandro Radicchi, presidente di Europe Consulting, sottolinea l’importanza della stazione per chi non ha una casa. “E’ un luogo protetto dal caldo e dal freddo, sicuro grazie ai vigilantes che girano. Qui si può raccogliere qualche spicciolo e spenderlo per un cappuccino, creando forme di aggregazione. La stazione, inoltre, è molto ripetitiva, perché i treni vanno e vengono.

Quindi è un luogo abitudinario e a noi, animali cittadini, piacciono le abitudini”, dice Radicchi. E lancia una scommessa: “Se riuscissimo a garantire nella città vicinanza, sicurezza, protezione e riparo, ecco che forse le persone si sgancerebbero dalle stazioni, che sono un buon posto dove stare ma non sono il posto giusto”.


Fonte: La Stampa.it