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Pubblicato il 17.11.2005 in News Sociale

''I giovani per i giovani contro il doping'': indagine di Uisp Toscana e Cesvot su oltre 300 studenti toscani. I fattori di rischio? L'iinsoddisfazione per il proprio corpo e un ambiente competitivo. 

È il succo emerso dal progetto “Dai giovani per i giovani contro il doping”, promosso da Uisp Toscana in collaborazione con il Cesvot. I risultati del progetto sono stati presentati oggi nel corso della seconda giornata di “Dire&Fare” in corso a Marina di Carrara. È stata condotta un’indagine, da parte di Uisp Toscana, finanziata da Regione e Cesvot, su un campione di 336 giovani di 13 scuole superiori della Toscana, tra i 14 ed i 20 anni, nel 34% dei casi provenienti dai licei, nel 57% dagli istituti tecnici, nel 9% dagli istituti professionali. Il quadro appare incoraggiante: è radicato il sentimento che rifiuta la tendenza a ricorrere a sostanze dopanti. “Abbiamo quindi approfondito la questione pensando a coloro che si sono mostrati più disponibili, maggiormente favorevoli al doping – ha detto questa mattina Fabio Lucidi, responsabile dell’indagine, docente di psicologia all’Università La Sapienza di Roma – cercando quali variabili si associavano a questa valutazione: alla base c’è un sentimento di insoddisfazione per il proprio corpo ed il proprio aspetto fisico più che per i risultati sportivi”.

Un altro elemento esterno condizionante sono le pressioni dell’ambiente circostante, che creano aspettative competitive legate ad un atteggiamento meno negativo rispetto al doping. C’è poi da considerare anche il meccanismo di disimpegno morale, che può coinvolgere anche chi è dotato di forti norme interne, portando a dire “lo faccio una volta sola”. Inoltre a volte le notizie che riportano il doping dei campioni inducono nei giovani pensieri emulativi. Per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti dello sport, quello che incide e si associa alla disponibilità al doping non è il miglioramento della prestazione ma la spinta ad essere migliori degli altri. “Il progetto ha fatto si che, lavorando con i ragazzi – ha concluso Lucidi – si sia attenuata l’insoddisfazione per il proprio corpo e si è reso meno attraente e più pericoloso l’atto di doparsi”.


Autore: sm
Fonte: Redattore Sociale