Per molti è stato un “salvatore”, ha teso una mano per toglierli dallo stato di povertà. Don Aniello Manganiello, sacerdote di trincea al rione Don Guanella per 16 anni, in prima linea contro la camorra parla al VELINO dell’emergente “status” dei nuovi poveri, dei camorristi, spesso diventati tali per la crescente disoccupazione, il ruolo della chiesa e la “crisi mai finita e mai curata dai governi che si sono succeduti dal dopoguerra in poi”.
Don Aniello, la chiesa quale ruolo sta assumendo per combattere la povertà dilagante a Napoli?
“In verità la parrocchia aiuta: attraverso la Caritas si avvale dei pacchi viveri di prima necessità; certo sono risposte limitate, ma comunque è presente per quanto può”.
Dal suo osservatorio cosa ha visto in questi anni in relazione ai clochard, che aumentano sempre di più: quali sono le cause?
“La disoccupazione qui a Napoli è un fatto cronico, ma oramai sta toccando anche il Nord, parliamo di crisi che ha accentuato la situazione a livello nazionale, chiaramente al Sud è risentita in modo particolare, perché ritengo che i governi dal dopoguerra a oggi non abbiano fatto alcuna politica per fare uscire le persone dallo stato di emergenza, quindi capisco anche come si possa entrare nelle maglie della criminalità in certi territori. I politici non hanno mai pensato al riscatto della vita”.
Ricorda qualche storia particolare di povertà riscattata, grazie al suo intervento?
“Io ricordo bene che molte persone sono state aiutate grazie alla fondazione di padre Rastrelli. Io? Ho aiutato a 360 gradi i bisognosi, grazie alla beneficenza che veniva fatta alla nostra opera, da tutta Italia”.