Diritto di cittadinanza ai nati in Italia: Pittau favorevole al piano del Governo


Pubblicato il 30.05.2006 in News Sociale

Il coordinatore del Dossier statistico della Caritas: ''Solo l'1% degli stranieri residenti diventa ogni anno cittadino italiano. La cittadinanza è come una valvola che aiuta a vivere bene''. 

Dallo "ius sanguinis" allo "ius soli" o, in altre parole, diritto di cittadinanza per tutti i nati in Italia: un passaggio che modifica profondamente lo stato di diritto per i figli degli immigrati. Il provvedimento, che già giovedì potrebbe essere al vaglio del Consiglio dei Ministri, rientra nel pacchetto di proposte che il Governo dichiara di voler affrontare nei primi cento giorni di mandato; ci stanno lavorando insieme quattro dicasteri: Solidarietà Sociale, Famiglia, Pari Opportunità e Interno. Sono circa mezzo milione i figli di stranieri che vivono nel paese. A Franco Pittau, coordinatore del Dossier statistico immigrazione Caritas-Migrantes, Redattore Sociale ha chiesto un commento sul piano annunciato dal Governo. “Nella precedente legislatura del centrosinistra si era parlato molto di modificare la legge sulla cittadinanza, anche nella legislatura appena conclusa se ne è parlato, ma non si è fatto nulla. Ogni anno in Europa 70mila stranieri diventano cittadini di uno stato membro mentre in Italia solo poco più di 10mila. E quello che noi chiamiamo “passo di naturalizzazione”, cioè l’acquisizione di cittadinanza rispetto alla popolazione straniera residente, che a livello europeo è del 3%, in Italia non arriva neppure all’1%. Qualcosa stona. E’ come un serbatoio d’acqua che si riempie e si riempie, ma non viene mai svuotato. L’acquisizione  della cittadinanza è come una valvola che regola bene il vivere insieme: una parte della popolazione sarà straniera e una parte sarà di origine straniera ma con la cittadinanza del posto. Questo assicurerà un collegamento, un ponte e una mediazione con la nostra popolazione. Se non si fa questo, è difficile che la società multiculturale cresca, perché quasi tutti rimangono estranei”. Con il diritto di cittadinanza, i "nuovi" italiani avranno anche diritto di voto, ma secondo Pittau occorrerà trovare forme di partecipazione anche per chi conserva la propria cittadinanza. “Per chi è attaccato al suo paese d’origine e non vuole cambiare la propria cittadinanza - e noi siamo un esempio clamoroso con i 4 milioni di migranti che sono rimasti cittadini italiani -  bisognerà trovare una forma di partecipazione e la maniera principale è il voto amministrativo. Qualcuno si è scandalizzato che ne abbia parlato anche il Cardinale Tettamanzi, ma in ambito sociale questa è considerata una altra valvola di sfogo per poter vivere bene. Paesi conservatori hanno ritenuto questa una conquista civile”.


Autore: cch
Fonte: Redattore Sociale