Meno sintomi psichiatrici e ricoveri al pronto soccorso per le persone senza dimora cui viene offerta una casa: si integrano di più nella comunità. Aiutarle è possibile. Come? Semplicemente dando loro una casa, restituendogli dignità e facendoli sentire parte integrante di una comunità che troppo spesso si dimentica di loro, lasciandoli da soli ai margini delle strade.
La soluzione: housing first. La soluzione esiste e si chiama “Housing first”, come svelano i risultati del progetto europeo HOME_EU con il quale, negli ultimi tre anni, gruppi di ricerca di otto paesi dell’Ue, compresa l’Italia, hanno studiato come contrastare e ridurre il fenomeno delle persone senza dimora in Europa. Il fenomeno in Europa è in continua espansione. In Italia, nel 2014, le persone senza dimora erano 50mila, in aumento rispetto ai circa 47mila del 2011. Circa un terzo sono molto giovani e hanno tra i 18 e i 34 anni; oltre la metà – il 56% – ha meno di 44 anni.
Perché offrire una casa. Una casa migliorerebbe la loro salute fisica e mentale, tutelerebbe il diritto all’abitare e renderebbe «le comunità locali anche più sicure». Chi viene inserito in questo circuito – rivela lo studio – riporta «meno sintomi psichiatrici e ricoveri in pronto soccorso» sentendosi più integrato nella comunità rispetto a chi usufruisce di servizi tradizionali come mense popolari e dormitori che servono, di fatto, soltanto a “tamponare” il problema, senza trovare una soluzione. Con l’housing first le persone senza dimora sviluppano anche «una rete di relazioni sociali che diventa più ampia di tre volte».
Un risparmio per i Comuni. Benefici non solo per chi non ha una casa, che proverebbe a ricostruirsi una vita libera e dignitosa, ma anche per i Comuni, già gravati da bilanci in rosso, che, nel tempo, potrebbe diminuire le spese per i servizi dedicati ai senzatetto. Occorrerà, ovviamente, una spesa iniziale decisamente più consistente al fine di garantire ai senza fissa dimora un tetto sotto cui stare (dove ripararsi dalle notti gelide, in inverno, e dalle giornate calde, in estate). Poi saranno loro, una volta integratisi nella comunità, a mantenersi, a pagare le spese e, dunque, a tornare alla normalità.
Cosa ne pensano gli italiani. I cittadini europei vorrebbero che i governi investissero più soldi per contrastare il fenomeno: l’80% degli italiani intervistati pensa che i fondi riservati alle persone senza dimora siano troppo pochi. Il 71% degli italiani ritiene che i servizi per persone senza dimora non funzionino, «dato curioso visto che l’Italia è il paese dove gli operatori dei servizi percepiscono un carico di lavoro più alto rispetto agli altri paesi europei».
Lo studio. Questo studio ha coinvolto 573 persone senza dimora, 5361 cittadini e 202 operatori in tutta Europa. L’11 settembre a Roma è prevista la presentazione ufficiale in occasione del XVI convegno nazionale dell’associazione italiana di psicologia sociale durante il quale interverranno José Ornelas dell’Istituto universitario ISPA di Lisbona, uno dei massimi esperti di “Housing first” e coordinatore del progetto HOME_EU, Massimo Santinello dell’Università degli Studi di Padova, responsabile scientifico per l’Italia, oltre ad altri esperti del settore.