“Non vorremmo che la risposta delle istituzioni, finora assente, fosse lo sgombero delle baraccopoli in cui vivono”. Il Coordinamento migranti e lo Scalo internazionale migranti alzano la voce e denunciano, in una conferenza stampa convocata simbolicamente all’ingresso del Comune ieri pomeriggio, un silenzio delle istituzioni che oramai, dicono, si protrae da troppo tempo: “Sono passati sei mesi da quando abbiamo presentato il dossier sul lavoro nero al sindaco Sergio Cofferati – racconta Mimmo Perrotta, voce del movimento -. L’amministrazione comunale ora ci risponde che se ne riparlerà a settembre ma, intanto, mentre noi andiamo in vacanza, loro continueranno a essere sfruttati”. Un dossier che parla di giornate lavorative che spesso superano le dieci ore, di salari sotto il minimo sindacale (in media 5 euro l’ora circa), di misure di sicurezza assenti e di caporalato.
La richiesta del Coordinamento e dello Scalo internazionale migranti, che conta sull’appoggio di Rifondazione comunista, Rdb, Cobas e Unione sindacati italiani, è che le istituzioni prendano posizione in difesa di lavoratori che “quotidianamente subiscono vessazioni e minacce e continuano a lavorare senza diritti né protezioni. Ci stiamo occupando di una vertenza che coinvolge una settantina di lavoratori stranieri che hanno espresso la volontà di uscire dallo stato di schiavitù del sommerso – continua Perrotta –. Loro sono pronti a denunciare i loro datori di lavoro. Le istituzioni e i sindacati, dal canto loro, devono dare una risposta, prevedendo un percorso di regolarizzazione, per chi denuncia il lavoro nero, che possa permettergli un’adeguata protezione sociale, un sistema di garanzie equivalente a quello previsto per le prostitute che denunciano il loro sfruttatore”. In due parole: alla denuncia contro l’azienda deve corrispondere l’ottenimento del permesso di soggiorno. Il timore dichiarato è che, visto l’arrivo imminente di agosto, “mese degli sgomberi per eccellenza”, la risposta tanto attesa venga data con le ruspe, anche perché “la settimana scorsa pattuglie di vigili e polizia si sono presentate nelle baracche lungo il fiume Reno a minacciare lo sgombero. Proprio ora che la vertenza sta andando avanti e può contare sull’appoggio di varie forze sociali, non vorremmo che interventi repressivi mandassero tutto all’aria”.
Ed è nei cantieri edili che si concentra la piaga del lavoro nero, “diffusissima nella provincia di Bologna – afferma Valerio Monteventi, consigliere comunale di Rifondazione comunista – e su cui continua a regnare un assoluto silenzio. Le stesse associazioni edili hanno ammesso che nei loro cantieri lavorano circa duemila immigrati clandestini, molti dei quali anche nei cantieri pubblici. Se è vero che ci sono lavoratori in nero anche tra gli italiani - prosegue Monteventi - gli stranieri non hanno diritti di nessun tipo, e anche quando escono dal posto di lavoro devono stare nascosti per sfuggire ai cpt o all'espulsione”.
Redattore Sociale