Crisi, sempre più italiani in coda per un pasto


Pubblicato il 11.03.2012 in News Sociale

Viaggio nella mensa di corso Concordia «Serviamo 2.500 persone, dieci anni fa erano 600»


C'è l'emergenza povertà, a Milano. Ma ci sono anche, sotto la Madonnina, luoghi dove con zelo e passione si prova a rimediare. Uno di questi è l'Opera San Francesco di via Kramer. Al civico 1 c'è la prima accoglienza, con le docce e gli sportelli d'ascolto. Poco più in là si spalancano le porte della mensa. 

Il tavolo del bisogno. Seicento pasti al giorno erogati dieci anni fa, un aumento lento e costante degli utenti. Che però d'improvviso, a settembre dell'anno scorso, schizzano a 2.500. Che cosa succede? «È l'impoverimento dato dalla crisi, certo; ma c'è pure un altro fatto: Milano è di colpo diventata, per chi non ce la fa, un punto di riferimento, un approdo sicuro. Dai paesi dell'hinterland ogni giorno molti vengono in città solo per mangiare», spiega l'assessore comunale alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino. «Stiamo facendo rete - conferma il responsabile della mensa Marco Rossetto -, le persone che convergono in via Kramer sono sempre di più. Ormai tanti italiani, spesso con istruzione e con una età media che si abbassa via via». Molti però si nascondono, non si lasciano avvicinare: c'è un certo pudore a confessare di dover chiedere aiuto. C'è la vergogna da vincere e una nuova vita da affrontare daccapo. C'è il pensionato milanese in coda col vassoio, il clochard da sempre di fianco al signore extracomunitario appena sbarcato in Italia. Del resto non è solo il pasto, che si trova alla «mensa dei fratelli»: è anche un po' di umanità. «Questo è un ambiente gioioso, al di là della tristezza che razionalmente si coglie. Facciamo famiglia», ci tiene infatti a sottolineare Padre Maurizio, alla guida dell'Opera. «Noi volontari cerchiamo di parlare il più possibile con gli ospiti, anche se stiamo attenti a rispettare la loro esigenza di discrezione», fa eco Aldo Pirola che quattro anni fa, nel giorno stesso in cui è andato in pensione, ha indossato per la prima volta il grembiule rosso del volontario. «Capisco la rabbia di molti. Ma a Mumbai ho visto tante volte dare il pasto ai poveri e non era mai servito con la stessa dignità che noi cerchiamo di trasmettere qui», dice ancora fra' Lorenzo, un ragazzo indiano arrivato da un anno in Italia: vive nel convento e studia per un dottorato in psicologia. 

Una città invisibile. Pasta al sugo e polpette. Sono piaciute molto ad Angelo Gavazzi, simpatico pensionato che tutti i giorni arriva: per sfamarsi, sì, ma anche per vincere la solitudine e lo spaesamento che lo attanaglia quando è nella cascina dove vive. Per trent'anni è stato vigile del fuoco: "sono divorziato, e vabbè , per dormire fa niente. La compagnia, a pranzo e a cena, la trovo qui». La signora Anna, invece, lavorava da metalmeccanica ma l'hanno messa in mobilità, poi licenziata. Idem per suo marito. Ed Elda? Ex custode in Porta Vittoria: dopo 30 anni passati in portineria, nel palazzo hanno preso una figura a mezzo servizio. Elda ha anche un figlio, che però al suo fianco non c'è mai. Così è sola, e la solitudine unisce la sua storia a quella di molti compagni. «A volte i familiari hanno difficoltà a prendersi cura di queste persone, è ingiusto interpretare le dinamiche di cui non si conosce l'origine», dice Padre Maurizio. Ancora Stephan e Nadine e il loro Axel. Sono appena arrivati in Italia dalle Mauritius dopo un breve passaggio in Francia: «Viviamo a casa di un amico, aspettiamo di parlare con l'assistente sociale. Abbiamo tanti sogni. Ma per ora, solo perché veniamo qui non moriamo di fame». Storie simili, quasi identiche. 

Poveri all'improvviso. Poco più in là c'è lo sguardo di una signora elegante con un paio di grandi orecchini, sembra appena uscita dal coiffeur. Invece no. Anche lei vive sotto la soglia della povertà. Si chiama Lucia Grossi e si racconta così: «Lavoravo come assistente in nero di un dentista, poi ho avuto problemi di salute e ho perso anche il lavoro. Prima davo una parte dei miei risparmi in beneficienza, ora chiedo aiuto a chi risparmi ne ha». Ora abita in una casa popolare, soldi non ce ne sono più. «Mi ricordo perfettamente il giorno in cui ero rimasta con gli ultimi 8 euro in tasca. Ne ho spesi 6 per un pezzo di pizza e una bottiglia di acqua, gli ultimi 2 li ho giocati al gratta e vinci. E ho perso». Lucia ha un'amica che, per fortuna, ogni tanto le dà una mano. Lei non ha problemi economici, almeno. «Le chiederò di comprare il giornale, domenica. Così mi vedrò allo specchio». 

 

712.387 I pasti distribuiti nel 2011 dai frati. In aumento del 2,8% sul 2010 

32.934 Le visite mediche effettuate negli ambulatori dell' Osf, al ritmo di 138 al giorno 


Autore: Elisabetta Andreis