Eleonora ha 44 anni e viene dalla Romania. Da un mese e mezzo vive per strada, in una piccola baracca affittata nel quartiere Eur. Da quando ha concluso il rapporto di lavoro con la signora a cui faceva da badante si è ritrovata senza casa. L’impiego lo aveva avuto grazie al passaparola all’ostello della Caritas, dove viveva. Ma il rapporto difficile con l’anziana donna le è costato il posto. «Sono uscita fuori casa e ho provato a rientrare in accoglienza ma niente. Così ho dormito per un mese in un piccolo albergo. Poi i soldi sono finiti e mi sono ritrovata per strada – racconta -. Ho affittato una piccola baracca a 100 euro, dormo lì ma è sempre più difficile. Inoltre nessuno mi fa più lavorare. Alcuni mi hanno chiesto il test Covid ma non ho i soldi per farlo». Eleonora è arrivata stamattina presto all’Help center della stazione Termini di Roma per chiedere un posto letto. Poi si è messa in fila insieme alle altre persone senza dimora per fare il tampone.
In stazione sono ripresi i test gratuiti antigenici e molecolari per gli utenti e gli operatori dei servizi sociali della Capitale. Il progetto, attivo da giugno, è una sperimentazione nata dall’intuizione dell’Istituto San Gallicano (Ircss) e di Binario 95, per mappare quella parte della popolazione che non ha accesso ai servizi sanitari di base. A capo dell’iniziativa, finanziata all’interno del Polo Sociale Roma Termini in spazi concessi da Ferrovie dello Stato, c’è il professore Aldo Morrone, tra i maggiori esperti italiani di malattie della migrazione e della povertà. «Un Paese che è fiero di avere un servizio sanitario nazionale universale, mutualistico e gratuito deve mettere al centro le fasce di popolazione a maggior rischio marginalità, i cosiddetti fragili. E quindi, le persone senza dimora, i minori stranieri non accompagnati, i richiedenti asilo, i pensionati a reddito minimo, i disoccupati. Cioè quelle fasce di popolazione per cui il servizio sanitario è stato creato – spiega -. Qui non abbiamo fatto nient’altro che garantire la tutela della salute di queste persone in un momento di pandemia. In questi mesi abbiamo dimenticato le fasce di popolazione che soffrono del mancato accesso ai servizi sociosanitari. Sono però persone che hanno diritto a essere parte centrale delle politiche di un Paese civile». Mentre controlla i test che via via vengono effettuati da due infermieri volontari, Morrone si intrattiene con gli utenti in fila. Il progetto, avviato in maniera sperimentale a Roma, prevede anche uno studio realizzato con la collaborazione delle Università di Milano, Trento e Chicago: «Metteremo insieme anche i dati che provengono da altri Paesi e altre città, lo studio è complesso. Per ora quello che emerge è che si tratta di una popolazione con una prevalenza di infezione molto bassa. Sono persone che non vivono in assembramenti ma in situazioni di isolamento e solitudine – aggiunge – e che necessitano di un investimento maggiore sul piano sociale».
In totale, da giugno a oggi, sono oltre 300 i tamponi effettuati. Le persone risultate positive al coronavirus circa 20: un numero basso ma percentualmente in crescita nelle ultime settimane di tracciamento. L’indice di positività è maggiore, in particolare, tra gli over 65. «Noi facciamo i tamponi per le persone senza dimora che devono entrare nel circuito di accoglienza capitolino, permettendo così che il sistema non si blocchi di nuovo, come è successo nei mesi scorsi – spiega Alessandro Radicchi, presidente dell’Osservatorio nazionale della solidarietà nelle stazioni (Onds) -. Chi risulta negativo può quindi rientrare nei centri di accoglienza, mentre gli eventuali utenti positivi verranno inseriti in un percorso di isolamento e cura». A Roma è stata attivata una struttura per la quarantena, si chiama “Casa tra noi”, realizzata in collaborazione con Comune di Roma, San Gallicano e Regione Lazio. «Per ora l’indice di positività è intorno al 6 per cento del totale, parliamo quindi di numeri bassi. Ma la scorsa settimana la percentuale è cresciuta, arrivando al 12 per cento. All’inizio trovavamo solo un positivo, ora ne capitano anche cinque in un giorno». I tamponi gratuiti sono offerti non solo agli utenti dei servizi sociali, ma anche agli operatori che assistono le persone in strada. Il servizio continuerà anche nei prossimi giorni.
«Ho la fede che mi protegge ma ho paura del virus», afferma Braim, 52 anni, originario del Marocco ma da 30 anni in Italia. Anche lui è in attesa di essere chiamato per effettuare in pochi minuti il test e ricevere l’esito. «Vivo per strada, ho perso il lavoro, facevo il fantino nelle corse dei cavalli. Poi ho avuto problemi alla schiena e mi sono ritrovato in poco tempo senza soldi e senza casa. Ora spero che le cose cambino ma sarà difficile. In queste settimane mi sono accorto che c’è un virus ancora peggiore nelle nostre città: l’indifferenza umana».